La follia del consumismo
di Renzo Montagnoli
Ho già avuto modo più volte di
scrivere dell'industrialismo, ma ho parlato più raramente, o comunque in modo
non esplicito, del consumismo, fenomeno indispensabile per l'esistenza della
produzione industriale così come è concepita.
Ormai gli sprechi non si contano e i
bisogni vengono addirittura inventati, feticci per supportare un meccanismo
perverso che alla fine si ritorcerà sull'intera umanità.
Per esempio, questa mattina sono
andato ad acquistare una scheda di memoria SD per la macchina fotografica;
sapete bene che questo indispensabile accessorio è grande più o meno come un
francobollo e quindi è stata notevole la mia sorpresa quando mi sono visto
consegnare un astuccio di cartoncino lungo una ventina di centimetri, largo 5 o
6 e alto all'incirca 2.
Appena a casa ho aperto l'imballaggio
e come in una scatola cinese dentro ho trovato una custodia in plastica delle
stesse dimensioni con un meccanismo perverso per aprirla.
Ci sono riuscito, ma…sorpresa:
l'oggetto del desiderio è contenuto in un altro involucro di plastica, più o
meno delle sue ridotte misure e che necessità di un altro marchingegno per
poter finalmente avere fra le mani la scheda di memoria.
Insomma, ho fatto un piccolo calcolo
e ho potuto verificare lo spreco rappresentato dall'imballaggio, senza contare
la sua difficoltà di smaltimento.
Ricordo quando non esisteva il vuoto
a perdere e le bottiglie di vetro dell'acqua, del latte, del vino ecc. venivano
restituite al negoziante a meno di non voler perdere l'iniziale cauzione.
E' vero che ora il vetro viene
riciclato, ma c'è da considerare che occorre consumare la preziosa energia per
arrivare alla produzione di una nuova bottiglia.
La plastica, che si ottiene con un
procedimento di lavorazione del petrolio, non è del tutto esatto che può essere
riutilizzata, previo trattamento, al 100% e, inoltre, se bruciata libera nell'aria la
pericolosissima diossina.
Non parliamo poi delle normative
antinquinamento degli autoveicoli, che sembrano fatte per accorciarne la vita e
quindi per doverne acquistare di nuovi più evoluti e che emettono meno sostanze
tossiche. Sarà vero? Ho i miei dubbi, perché i catalizzatori perdono
rapidamente la loro efficacia e già dopo un anno lavorano al 60% delle loro
possibilità.
Non è che abbia nostalgia dei tempi
passati, ma ricordo con piacere i mobili in vero legno e non in truciolare,
tavoli, credenze che duravano più dei loro proprietari.
Adesso l'arredamento è molta
apparenza e poca sostanza, soprattutto non offre quella sensazione di calore
propria invece del legno naturale.
E' stato quindi con sommo piacere
che, nel corso della mia settimana bianca, ho fatto visita alla Decrestina,
azienda artigianale con vendita diretta che si trova a Soraga, in Val di Fassa,
e che si occupa di creazioni in legno.
Nel punto di esposizione e di
acquisto l'occhio si sbizzarrisce, passando da mestoli, porta lavoro, accessori
per la casa a giocattoli, proprio come quelli di una volta, da toccare con
mano, quasi da accarezzare, per avvertire quella sensazione di naturale a cui
ci stiamo disabituando e che invece è importantissima.
Quegli oggetti non sono freddi, ma
emanano un calore, quasi un messaggio, e poi il profumo del legno è
semplicemente unico, ineguagliabile e gradevolissimo.
Pensate che ci sono anche degli
orologi a pendolo tutti in legno e di uno di questi modelli potete vedere la
fotografia a piè di pagina.
Sono delle autentiche opere d'arte,
frutto dell'inventiva e della passione propria dell'artigianato, un'attività
che riesce a sopravvivere all'imperante industria, ma non so ancora per quanto,
perché questi tipi di lavoro richiedono umiltà e dedizione, due doti che il
mondo moderno sembra non conoscere.