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  Editoriali  »  Chiusure e riaperture, di Renzo Montagnoli 30/12/2008
 

Chiusure e riaperture

di Renzo Montagnoli

 

Come se la nostra vita fosse un'azienda ci si prepara, psicologicamente, alla fine di ogni anno a stilare un rendiconto, riportandone i saldi a nuovo.

Quel che siamo, però, il mondo che ci circonda, con cui direttamente o indirettamente relazioniamo, non si prestano a un computo numerico, né possono essere rappresentati con dei segni positivi o negativi.

E lo stesso concetto di tempo è una finzione che ci siamo creati perché i giorni, le ore, i minuti, i secondi, i mesi, gli anni sono solo funzionali agli scopi per cui sono stati inventati.

L'uomo, nella sua continua razionalizzazione, cerca invero di sfuggire alla logica ferrea della natura, intende sottrarsi a una vita costituita da un inizio e da una fine, scandita dall'alternarsi del giorno con la notte e delle stagioni.

Poco a poco ci siamo costruiti una realtà ai soli nostri fini che non trova però corrispondenza nel sistema naturale e perfetto in cui ci troviamo.

Se non è una realtà virtuale poco ci manca e già il pensare che a fine anno si tirino delle somme di quanto ci è capitato, per fare delle previsioni per l'anno successivo, dimostra la poca dimestichezza che abbiamo con le leggi del creato.

In questo contesto, appare più verosimile e più pragmatico ragionare su ciò che abbiamo fatto contro di noi, sullo sfruttamento esacerbato delle ricchezze del pianeta, sulla pattumiera in cui lo stiamo trasformando, sugli sprechi alimentari che basterebbero per sfamare l'intera umanità, sulle inutili parole spese per chi nulla ha, per chi muore ogni giorno privato del diritto di vivere.

Si potrà dire che è un fenomeno naturale, che cerchiamo caritatevolmente di soccorrere i meno fortunati, ma non risolve il problema alla radice, perché è insito nel sistema economico che ci inonda di beni materiali, che ci fa ammalare di mali terribili, che ci fa respirare aria malsana, che ci fa bere acqua inquinata.

Il capitalismo sorto con l'industrializzazione anziché risolvere i problemi dell'umanità ne ha creati di nuovi e continua a crearne, perché gli squilibri, la corsa all'utile che riduce la vita a una competizione continua senza altre soddisfazioni sono una delle sue caratteristiche.

Così come l'uomo ha inventato la misura di un tempo finalizzato ai suoi scopi, l'industrialismo ha creato una serie di falsi miti che hanno finito con il far soccombere quei valori che sono alla base di ogni comunità.

La famiglia va in pezzi, la religione è vista non come spiritualità, la patria -  intesa come comunità e non nell'accezione retorica - non esiste più, ma non è che i surrogati risultino altrettanto validi, anzi sono più dolori che gioie, perché il puro materialismo porta alla ricchezza di pochi e alla miseria dei più.

Non si ricorda più il passato, si corre nel presente non si sa verso dove, si guarda a un futuro sperando che sia meglio, ma che invece, costruito com'è sui presupposti del presente, non potrà che essere peggio.

L'interesse di pochi pazzi, incoscienti, ci ha snaturato, ci ha fatto perdere il  senso della realtà, al punto che poco hanno interessato i provvedimenti per limitare i danni ambientali, ma la situazione è allarmante e ogni proroga dei rimedi per difendere interessi di chi è già padrone del mondo potrebbe essere fatale.

Sì, c'è la crisi, non è il momento di complicare le cose, ma a un morente poco importa se nei giorni a venire guadagnerà di più o di meno. A chi è a un passo da quella soglia interessa solo non oltrepassarla.

L'umanità c'è ormai vicina e quindi si presenta indifferibile un riassetto completo del sistema, anzi la creazione di un nuovo sistema rispettoso della natura e di tutti gli uomini.

Speriamo, quindi, che l'anno nuovo non sia una mera ripetizione di quello che ormai è alla fine.    

 

 
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