Chiusure
e riaperture
di Renzo Montagnoli
Come se la nostra vita
fosse un'azienda ci si prepara, psicologicamente, alla fine di ogni anno a
stilare un rendiconto, riportandone i saldi a nuovo.
Quel che siamo, però, il mondo
che ci circonda, con cui direttamente o indirettamente relazioniamo, non si
prestano a un computo numerico, né possono essere rappresentati con dei segni
positivi o negativi.
E lo stesso concetto di
tempo è una finzione che ci siamo creati perché i giorni, le ore, i minuti, i
secondi, i mesi, gli anni sono solo funzionali agli scopi per cui sono stati
inventati.
L'uomo, nella sua
continua razionalizzazione, cerca invero di sfuggire alla logica ferrea della
natura, intende sottrarsi a una vita costituita da un inizio e da una fine,
scandita dall'alternarsi del giorno con la notte e delle stagioni.
Poco a poco ci siamo
costruiti una realtà ai soli nostri fini che non trova
però corrispondenza nel sistema naturale e perfetto in cui ci troviamo.
Se non è una realtà
virtuale poco ci manca e già il pensare che a fine anno
si tirino delle somme di quanto ci è capitato, per fare delle previsioni per
l'anno successivo, dimostra la poca dimestichezza che abbiamo con le leggi del
creato.
In questo contesto,
appare più verosimile e più pragmatico ragionare su ciò che abbiamo fatto
contro di noi, sullo sfruttamento esacerbato delle ricchezze del pianeta, sulla
pattumiera in cui lo stiamo trasformando, sugli sprechi alimentari che
basterebbero per sfamare l'intera umanità, sulle inutili parole spese per chi
nulla ha, per chi muore ogni giorno privato del diritto di vivere.
Si potrà dire che è un
fenomeno naturale, che cerchiamo caritatevolmente di soccorrere i meno
fortunati, ma non risolve il problema alla radice, perché è insito nel sistema
economico che ci inonda di beni materiali, che ci fa ammalare di mali
terribili, che ci fa respirare aria malsana, che ci fa bere acqua inquinata.
Il capitalismo sorto con
l'industrializzazione anziché risolvere i problemi dell'umanità ne ha creati di
nuovi e continua a crearne, perché gli squilibri, la corsa all'utile che riduce
la vita a una competizione continua senza altre soddisfazioni sono una delle
sue caratteristiche.
Così come l'uomo ha
inventato la misura di un tempo finalizzato ai suoi scopi, l'industrialismo ha
creato una serie di falsi miti che hanno finito con il far soccombere quei
valori che sono alla base di ogni comunità.
La famiglia va in pezzi,
la religione è vista non come spiritualità, la patria - intesa come comunità e non
nell'accezione retorica - non esiste più, ma non è che i surrogati risultino
altrettanto validi, anzi sono più dolori che gioie, perché il puro materialismo
porta alla ricchezza di pochi e alla miseria dei più.
Non si ricorda più il
passato, si corre nel presente non si sa verso dove, si guarda a un futuro
sperando che sia meglio, ma che invece, costruito com'è sui presupposti del
presente, non potrà che essere peggio.
L'interesse di pochi
pazzi, incoscienti, ci ha snaturato, ci ha fatto perdere il senso della realtà, al punto che poco
hanno interessato i provvedimenti per limitare i danni ambientali, ma la
situazione è allarmante e ogni proroga dei rimedi per difendere interessi di
chi è già padrone del mondo potrebbe essere fatale.
Sì, c'è la crisi, non è
il momento di complicare le cose, ma a un morente poco importa se nei giorni a
venire guadagnerà di più o di meno. A chi è a un passo da quella soglia
interessa solo non oltrepassarla.
L'umanità c'è ormai
vicina e quindi si presenta indifferibile un riassetto completo del sistema,
anzi la creazione di un nuovo sistema rispettoso della natura e di tutti gli
uomini.
Speriamo, quindi, che
l'anno nuovo non sia una mera ripetizione di quello che ormai è alla fine.