Gli “amichetti” del bar dello sport
Siamo sinceri, almeno per
una volta: l'ennesimo scandalo del mondo del calcio non ci ha sorpreso più di
tanto. Fra tutte le discipline sportive quella del pallone è perennemente
travagliata da casi giudiziari, che vanno dalle scommesse clandestine, al
doping e ora agli arbitri prezzolati secondo un ben preciso disegno.
Non intendo tuttavia
parlare più a lungo di questo ennesimo caso di inciviltà morale e sociale, perché
in fondo del calcio mi interesso poco, ma di un problema ben più generale del
quale non ci accorgiamo o facciamo finta di non sapere che esiste.
Mi riferisco alla mancanza
di un minimo di senso etico, un fenomeno che ha lontane radici ma in rapida,
tumultuosa espansione.
Nel nostro paese molti, troppi non hanno ben
preciso in mente il significato delle parole moralità e immoralità, anzi hanno
comportamenti sempre più amorali.
Il problema non è
contingente, ma è intrinseco al nostro tessuto sociale e politico proprio
dall'inizio della repubblica, con scandali, più o meno di proporzioni rilevanti
di cui facilmente ci dimentichiamo, in quanto rapidamente superati da altre
vicende di truffe e di ruberie.
Valga un esempio per
tutti: la Cassa del mezzogiorno. Istituita per risollevare economicamente il
nostro meridione si è rivelata un pozzo senza fondo in cui sono stati gettati
migliaia di miliardi di lire, senza benefici apparenti per la gente di quei
posti, fatta eccezione per pochi personaggi, tristemente noti.
E le opere inutili,
cominciate, quasi ultimate o anche concluse, ma non utilizzate?
Anche in questi casi somme
ingentissime sperperate senza risultati di utilità:
sono soldi nostri gettati al vento o addirittura finiti nelle tasche di chi
certamente non ne aveva bisogno.
Ogni tanto il problema viene sollevato, c'è uno strombazzamento giornalistico senza
precedenti, la bolla sembra che stia per scoppiare e invece lentamente si
affloscia e tutto torna come prima.
Ormai appare radicato il
convincimento che sia parte integrante della nostra
società il rubare alla collettività, il distrarre fondi pubblici a proprio
beneficio, insomma che delinquere in tal modo non costituisca più reato.
Poco a poco si corre il
rischio che i reati previsti dal nostro codice penale non siano considerati più
tali, perché rientranti nel comune atteggiamento della nazione.
La magistratura fa molto
per opporsi a questo stato di cose, ma molto di più possiamo fare noi con la
cultura, privilegiando appunto tutto ciò che arricchisce culturalmente.
Privilegiamo la lettura di
un buon libro, anziché andare a sgolarci in uno stadio per sostenere la nostra
squadra in un incontro il cui risultato, magari, è stato già deciso a priori;
osserviamo il mondo che ci sta intorno, non con gli occhi di una telecamera
interessata a mostrarci solo quello che vuole lei; ritorniamo padroni di noi
stessi, delle nostre capacità di scegliere, riavviciniamoci a quei saggi
insegnamenti che non molto tempo fa venivano impartiti
alla nostra infanzia.
Riscopriremo un senso
etico sommerso da decine di strati di ignoranza imposta dall'alto e solo allora avremo
il coraggio di mandare a quel paese “gli amichetti” del bar dello sport del Bel
Paese.