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  Editoriali  »  Il Bene e il Male – indicatori del processo evolutivo dell'uomo – l'eterno confronto tra l'anima e lo spirito che da sempre è fondamento del pensiero umano, di Lorenzo Russo 27/11/2009
 

Il Bene e il Male -indicatori del processo evolutivo dell'uomo-
l'eterno confronto tra l'anima e lo spirito che da sempre è fondamento del pensiero umano.

di Lorenzo Russo

 

 

Pensando all'Universo, m'immagino un laboratorio chimico, dove qualcuno, o anche da sé per chi non crede in un Dio o forza superiore, ha messo in moto un processo composto di sistemi a base di combinazioni d'elementi bio-chimici o d'altro.

Sorse così nel tempo anche la nostra dimensione e, attraverso le sue continue mutazioni, l'essere umano fino alla sua attuale forma e stato.

Capace di intendere e reagire ai processi svolgenti in continuazione nel suo ambiente, l'uomo è riuscito, bene o male, a sopravvivere fino ad oggi. Alla base del suo sviluppo percettivo si è formata la distinzione dualistica su tutto ciò che attiva la sua mente, e di conseguenza le altre parti fisiche subordinate, una distinzione che si basa su due
aspetti fondamentali: il Bene e il Male, quali cause delle sue
difficoltà percettive e d'intendimento.

Consideriamo a priori il Bene tutto ciò che ci procura gioia, serenità, successo, potere, benessere, buona salute e vita lunga, mentre il Male tutto il contrario.

Bene e Male sono dunque distinzioni dello stato di sentirsi e trovarsi al confronto con i nostri simili e la realtà esterna così come la percepiamo. Sono quindi percezioni soggettive che poco hanno a che fare con l'altra realtà (o più realtà) che reggono l'Universo.

Sotto questo punto di vista, considero l'Universo come forza (energia) neutrale, cioè né positiva, né negativa.

Si traccia un confronto assimilativo e di corrispondenza tra la realtà soggettiva dell'uomo, prodotto dal suo "IO" imperante nel suo stato retrogrado, e quella oggettiva, forza spirituale, da riconoscere nella sua vera entità e assumere, onde poter raggiungere nella loro unione equilibrio e armonia, punto d'arrivo del processo evolutivo dell'uomo.

Nelle diverse alternanti fasi del suo sviluppo cognitivo, l'uomo ricorre alla fede (credo) nella speranza di trovare una spiegazione più convincente che appaghi le sue condizioni assimilative e che stabilisca il necessario equilibrio nella sua anima dalla quale dipende la sua capacità di essere.

Chi non è in grado di stabilire l'equilibrio finisce con il rifugiarsi nei suoi diversi surrogati, come la misticità eccessiva capace di reprimere il suo io fino ad annullarlo, il fanatismo religioso che lo rende intollerante e incapace di sostenere il confronto con chi la pensa differentemente.

Il Bene e il Male sono quindi due forme percettive dei processi naturali inerenti al nostro stato d'esistere e agire e di quelli dell'ambiente in cui viviamo.

Da qui, sarebbe indispensabile preparare l'individuo al confronto con tutti i fenomeni naturali, di modo che possa farsi un giudizio più chiaro e possibilmente obiettivo e limiti, per esempio, le influenze maligne causate da una sua eventuale condizione genetica insana, delle quali, cito le più marcanti: egoismo, presunzione, avidità, individualismo, violenza ecc.

Migliorando le nostre qualità di coscienza e di percezione, mutiamo in meglio il nostro modo di considerarli e in seguito il nostro comportamento con gli altri e con il nostro Dio.

Sarebbe, qui, fondamentale il riconoscimento che la propria vita sia un'occasione per assumere impegni ripaganti, perché costruttivi e benevoli per sé e il prossimo.

Indirettamente diventa un bene anche per gli altri membri della società nella quale viviamo, che rimane così influenzata dal nostro esempio dato.

Un tale impegno ci renderebbe più seri, obiettivi e chiaroveggenti, da riuscire a distinguere meglio tra l'utilità e l'inutilità, il senso benigno e maligno di ogni pensiero, avvenimento, azione e reazione, quando dobbiamo decidere.

In questa maniera, il male non sarebbe il prodotto di concetti distorti, confusi, falsi, perché non più influenzato, come spesso accade, dai preconcetti.

Si dovrebbe incominciare con il riconoscimento e sostenimento della validità dei diritti per tutti gli individui, l'assimilazione del concetto che insieme saremmo più forti e abili per questa vita, che non andrebbe più intesa come un'occasione di viverla e goderla per il proprio tornaconto, ma per esplorarla e scoprirne i suoi frutti migliori. Una volta scoperti, sono essi che ci appagano infinitamente e
invitano a continuare nella ricerca rivelatrice.

Il tema trattato qui sopra nasconde, però, un dilemma ancora perdurante e dal quale non siamo riusciti ancora a liberarci: ripaganti per chi, per i pochi di sempre o finalmente per tutti?

Mi pongo allora la domanda: quando saremo maturi da volerlo insieme?

Nel frattempo, il Bene e il Male continuano ad avvicendarsi nel nostro modo di intenderli, che mi sembra simile al gustare un dolce: non fa male solo quando lo consumiamo con misura.

Deduco, che da ciò che m'immagino si avveri nel Creato- lo svolgimento di un processo in continua mutazione con lo scopo finale di realizzare armonia attraverso selezioni lunghe e complicate- che anche l'uomo sia propenso alla realizzazione di fini indispensabili al suo progresso,
quali, giustizia e uguaglianza tra tutti i suoi simili.

Dalla premessa, che un'intelligenza superiore non avrebbe bisogno di selezionare, mi sembra anche logico supporre in questi processi l'imposizione di una punizione, o forse un conflitto tra più intelligenze, o un piano che si regge su caratteristiche del tutto estranee e irriconoscibili da noi se non quando la nostra dimensione si sarà dissolta e ci ritroveremo mutati in un altro mondo.

Per il momento, non ci rimane che subire l'avvicendarsi d'infinite tragedie, sofferenze e atrocità, che ci spingono anche a odiare tutto ciò che ci circonda e soggioga, o a credere in uno scopo giusto e sostenibile perché voluto dal Dio della salvezza, cioè in un riuscire del nostro processo evolutivo.

Non mi sembra che la natura si preoccupi tanto del nostro stato di vita, neanche quando ci uniamo nel senso dell'amore e ancor meno del piacere.

Una catastrofe crea vittime e sconvolge le basi dell'esistenza umana, una bomba distrugge e uccide esseri umani, i superstiti si danno da fare a ripristinare l'ordine e tutto riprende il suo ritmo di prima fino alla prossima bomba o disgrazia ambientale.

Mentre noi possiamo riflettere e cercare le cause delle nostre
vicissitudini, la natura rimane impassibile e insensibile, come se non avesse coscienza e svolga automaticamente un programma voluto dall'Alto (forza-energia superiore).

Da qui, dovremmo riconoscere la necessità di riflettere meglio e pretendere un rimedio migliore per noi, invece di aspettarcelo dall'Alto.

Non credo, d'altronde, che egli non lo voglia, anzi penso che aspetti che ci evolviamo a sua dignità, avendoci prescelto per la realizzazione del suo piano.

Il Dio buono del cristianesimo rappresenta, infatti, la forza benigna del processo che per realizzarsi richiede la nostra partecipazione attiva.

Diamoci, allora, da fare, incominciando a ignorare chiunque voglia predicare una fede per la quale pretenda obbedienza assoluta e non ostenti l'uso della violenza.

In verità, il Dio buono vuole che noi agiamo in libertà, che va così intesa come prodotto del processo personale di maturità. Il Dio buono è la forza-energia del progresso, possibile solo quando abbiamo capito cosa significhi l'essere liberi di intendere e agire in un mondo retto su dipendenze causali e casuali.

Un'imposizione forzata dall'Alto creerebbe solo schiavitù e non soddisferebbe mai chi ci ha creato a sua somiglianza.

Come uscire dallo stato di dipendenza o anche d'arroganza, se non con lo sforzo continuo di superare i conflitti, quelli create da noi stessi e quelli che la natura ci presenta continuamente come per indurci a reagire adeguatamente da soli e così maturare?

La nostra evoluzione è quella del Dio che ci ha reso liberi per
trovarlo, seguirlo e riconoscere in Lui i nostri meriti. Non altro significa che ci saremmo elevati a Sua altezza e dignità, abbandonando la dimensione della mediocrità e arretratezza.

Il contrario significherebbe un retrocedere nell'oscurità dalla quale risorgerebbe nuovamente il Dio del castigo e costrizione.

Un ripetersi degli avvenimenti violenti della storia umana ne sarebbe la logica conseguenza.

 
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