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  Editoriali  »  Un amore per tutta la vita è come acquisire la capacità di scelta matura, di Lorenzo Russo 26/08/2010
 

Un amore per tutta la vita è come acquisire la capacità di scelta matura.

di Lorenzo Russo

 

 

 

Oggi, sembra diventare una di quelle giornate che non ritornano facilmente.

Sono di buon umore, il cielo è sereno e il sole vuole ricompensarmi della sua lunga assenza con una delle sue migliori appariscenze.

Esco dalla casa e decido di farmi il percorso verso il centro a piedi.

Respiro con soddisfazione l'aria ancora fresca del mattino che m'incita ad accelerare il passo.

D'accordo, penso, e accelero, senza chiedermi cosa si nasconda dietro quello strano senso d'inquietudine che mi perviene e che normalmente precede l'avverarsi di un avvenimento straordinario, da qualche tempo desiderato ma difficile da realizzare.

Arrivo in piazza, un po' stanco per il ritmo sostenuto e cerco subito una sedia libera a un tavolino del bar cittadino, che il gestore aveva già posto fuori del locale per invitare la gente a sedersi e godersi il primo calore della stagione.

A prima vista non ne vedo nessuna libera, ma poi e guardando con più calma e precisione, scorgo un tavolino, situato verso l'angolo del posto occupato da una sola persona.

Di fianco alla sedia avvistata noto una signorina seduta e intenta a leggere un libro.

La osservo sorseggiare lentamente e a tratti una tazza di caffè, che tiene sospesa nell'aria con una mano mentre con l'altra sfoglia a bisogno le pagine del libro, con soddisfazione e delizia.

Che cosa decidere? Non mi va di disturbarla, ma d'altronde è un vero peccato rinunciare all'unico posto libero, non oggi con questo bel tempo.

Decido di avvicinarmi a lei e di pregarla gentilmente di concedermi l'uso dell'unica sedia rimasta libera.

Signorina - le chiedo -  permette che mi sieda al suo tavolino, non la disturberò.

Mentre esprimo queste parole, il mio sguardo si posa intuitivamente sul suo e noto che anche il suo è fissato sul mio.

Un fluido strano e indefinito sembra attirare la nostra attenzione, accompagnato da un sorriso lieve tracciato sulle nostre labbra, come per comunicare una reciproca simpatia.

- La prego, si sieda pure  - mi risponde, non senza mancare di scrutarmi ancora negli occhi.

Ringrazio e mi siedo. Ordino un caffè al cameriere, che poi sorseggio con un fare confuso e apparentemente distratto.

È infine lei, che incomincia a rivolgermi la parola. Ne sorge un discorso su questioni indefinite e occasionali, create apposta per mantenere il flusso del contatto e godere quello strano sentimento di simpatia che non ci vuole lasciare.

Alla fine ci congediamo, non senza palesare la confusione e la sorpresa per le effusioni spontanee di emozioni riscontrate, e non senza riprometterci in pensiero di voler approfondire l'occasionale conoscenza.

Solo dopo mi accorgo che il calore delle emozioni aveva bloccato la nostra mente e che quindi l'intenzione, non espressa, di un rincontro sarebbe stata condizionata dal desiderio forte e reciproco di volerlo veramente.

Per più giorni rifaccio il percorso a piedi e sosto più ore in piazza nella speranza di rivederla. Alla fine, stanco e irrimediabilmente senza speranza, decido di lasciar stare, quando improvvisamente la vedo passeggiare verso la direzione opposta alla mia.

La rincorro con passo veloce seguendo gli impulsi del mio cuore, che palpita già forte, e senza curarmi delle conseguenze che mi potrebbero colpire.

Finalmente la raggiungo, le pongo una mano sulla sua spalla, esercitando una lieve pressione per attirare la sua attenzione, e le dico: sono giorni che la cerco, senza successo.

Si volta, mi riconosce subito e con un sorriso di compiacenza e sincera eccitazione, mi risponde: - anch'io l'ho cercata, invano.

- Siamo stati veramente leggeri a non scambiarci i numeri di telefono - esprimiamo spontaneamente e simultaneamente.

Dopo questo incontro, ne seguono altri, fino al momento in cui ci promettiamo di amarci per sempre.

Amarci per sempre? Che promessa grandiosa e azzardata, davanti a un domani non definibile.

Nei momenti di felicità si fa presto a giurare fedeltà per tutta la vita, pensavo ancora allora.

D'altronde, chi vorrebbe rinunciare agli effetti benefici di sentimenti straordinari, capaci di trasformare la tristezza, la delusione, il vuoto che a volte ci accompagna in un giardino fiorito e allestito per un periodo indefinibile e da ritenersi eterno?

Dall'amore nascono dei figli, voluti e creati per rafforzare i legami esistenti e renderli duraturi. Facciamo di tutto per renderli felici e sereni, così come anche noi lo eravamo.

Non manchiamo di essere anche severi e conseguenti nei momenti ritenuti opportuni per il loro bene, che é, infine, anche il nostro.

Siamo entrambi certi che la migliore educazione sia il buon esempio e la disposizione di comunicare sempre, e non solo, quando i problemi siano diventati acuti e irrimediabili.

L'unione, che ci ha formato, è sempre stata voluta e sostenuta senza imposizioni e divieti.

Ora, i figli, diventati adulti, vivono una propria vita, fuori dalla casa che li ha visti crescere.

È una vita conforme ai tempi in corso e quindi differente dalla nostra, ma sempre salda nell'unione,e nella convinzione che solo in lei si possa maturare e diventare abili a superare i pericoli della vita.

Un'altra forma di felicità e serenità non persisterebbe nel tempo e diventerebbe presto illusoria.

Rimasti soli, sentiamo il vuoto in noi, segno che tutti gli anni passati erano orientati esclusivamente sulla cura dei figli, per favorire la loro formazione affettiva, educativa e istruttiva.

Ora il vuoto ci rende incapaci di orientarci di nuovo su noi, così come facevamo all'inizio della nostra relazione.

Troppi anni sono trascorsi senza occuparci veramente dei nostri bisogni, senza appagare le nostre necessità. Ora non osiamo rispecchiarci nello specchio, per il timore di scoprire i segni dello scorrere veloce del tempo, impressi chiaramente sul nostro stato fisico.

Ormai, fuori da troppi anni dalla consuetudine di curarci con costanza e premura, ci troviamo in difficoltà per ricominciare di nuovo. Capita, così, di tendere ad accusare il/la compagno/a per mascherare la difficoltà di accettare il corso della vita, che senza equivoco ci annuncia di non essere più giovani e brillanti.

In questo momento non comprendiamo che è proprio il nostro amore verso i figli che ci dona la possibilità di rivederci giovani e belli in loro, così come anche i nostri genitori, di certo, avranno riscontrato in noi. Non essendo più attuale la forma coniugale di vita, diventa ancor più difficile sopportare il trapasso generazionale.

I primi litigi, in forma di offese per sottomissioni subite e recriminazioni varie e tenute finora represse per amor dei figli, offendono il nostro animo, tanto da costringerci a cercare la solitudine. È il momento nel quale si vuole fuggire e lo si fa rinchiudendosi ognuno nella propria camera.

Isolati dal resto del mondo, ricordiamo infine i tantissimi momenti felici vissuti insieme e riscontiamo la leggerezza dei moventi che hanno creato la discordia. Il nostro amore, di nuovo risorto, reclama il suo diritto a un comportamento più riconoscente e grato.

Non dura molto, fino a che, esausti ma riconoscenti, ci ritroviamo abbracciati.

Alle lacrime, che dimostrano lo sgomento e la delusione provata, segue una risata unisona, spontanea e forte, che vuole comunicarci di essere stati, per un attimo, incoscienti e ingrati.

I sentimenti e le emozioni di un tempo, ormai lontano ma ricco d'immensa felicità e soddisfazione, ritornano in noi e ci comunicano che è tempo di prepararci alla nuova e ultima fase della nostra vita.

Tenendo le sue mani nelle mie, per riscaldarle e rassicurarla come facevamo sempre, la conduco nella camera delle nostre rivelazioni ed esperienze di uomo e donna.

Ci amiamo come allora e, come allora, i sentimenti ci trasportano in un mondo felice e sereno, quello della fantasia che supera ogni confine fisico e dimensionale.

Da qui in poi le giornate ritornano a essere serene. Le premure reciproche raggiungono un'intensità sospetta. Che cosa assilla di più gli anziani, se non il timore di ritrovarsi improvvisamente soli?

Una volta avvenuto l'inevitabile, rimangono solo i ricordi a riempire il grande vuoto rimasto. A cosa serve vivere solo, quando i figli e nipoti sono altrove?

L'amore che ci ha sostenuto per tanti decenni, agisce qui in nostro favore, accorciando la nostra solitudine e permettendoci di raggiungere l'altra nostra metà della vita, laddove speriamo di ritrovarla.

 
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