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  Editoriali  »  Riflessioni personali sulle vittime delle guerre e violenze umane, di Lorenzo Russo 01/02/2011
 

Riflessioni personali sulle vittime delle guerre e violenze umane

Le avventure e disavventure della vita: qual è lo scopo del nostro vagabondare e scoprire?
(testo ispirato dalle disavventure d'Ulisse)

 

di Lorenzo Russo



Dieci anni impiegai a ritornare a casa da mia moglie.
Non altro fu possibile. Come potei avvicinarmi a lei con tutte le colpe che io mi attribuii in forma d'inganni, tradimenti e molte, molte altre ancora.
Il mio spirito avvelenato dal mio carattere e destino fu incapace di ritornare là dove vissi sano e puro d'animo.
La lunga guerra mi mise alla prova, in essa scoprii che i miei difetti erano, di gran lunga, superiori ai miei pregi.
Dopo la guerra, vissi dieci anni di disavventura, verso l'ignoto per dimenticare quello che feci ed ero diventato.
Solo dopo aver superato la mia crisi personale, potei ritrovare la mia assoluzione e ritornare dove vissi giovane e poi marito felice.
Le lunghe disavventure senza destinazione mi fecero capire l'orrore della guerra, l'errore compiuto da me e da tutti gli altri, senza distinzione di parte, nell'uccidere le vittime della nostra presunzione, diventata poi nel momento dell'azione una necessità senza rimedio, per prevalere o soccombere.
Ora, riconosco nelle vittime la parte debole dell'uomo, la mia e la loro, e l'inganno nel nostro riflettersi nel prossimo, amico o nemico secondo dei nostri timori e necessità che dettano la nostra volontà d'azione e reazione.
Le vittime, tutte, mi perseguirono per dieci anni perché rappresentarono quella parte che è comune in tutti gli esseri umani, l'appartenenza alla stessa specie e destino.
Non più accecato dalle proprie debolezze, mi ritrovai in loro e la pace dei loro sguardi inermi e rasserenati subentrò anche in me e mi fece riflettere.
Il tempo ci sembra trascorre così lentamente come noi impieghiamo a comprendere le assurdità delle nostre decisioni, quando sono sostenute dai pregiudizi e dalle necessità che ci spingono a combattere e uccidere, invece di cercare l'accordo e spartire equamente il fabbisogno per vivere.
Dichiariamo nemico chi provoca in noi i timori, dietro i quali si nascondono le nostre debolezze e i nostri difetti.
Eliminandolo, perdiamo questa possibilità di controllo, i pregiudizi agiscono di nuovo in noi e facciamo fatica a riconoscerli e ancor meno a controllarli.
Li temiamo più d'ogni altra cosa e ci liberiamo di loro accusando gli altri, invece di affrontarli e impegnarci a superarli; troppa fatica per chi sceglie la via più semplice che scagiona ogni propria colpa e difetto.
Ulisse sta per l'essere intelligente e astuto nei suoi anni migliori alla ricerca di sé stesso nel groviglio della vita.
L'avventura, l'appagamento delle proprie necessità, la conquista della fama, il bisogno d'esplorare l'esterno, non immaginando che è simile al proprio interno, sono i pericoli della vita, e dimostrano che anche oggi fin troppi sono ancora incapaci di riconoscere le proprie debolezze, se non trasferendole nel prossimo che diventa la vittima di turno.
Il confronto pacifico, invece, svelato nella sua natura e origine, crea la possibilità di maturare e alla fine comprendere, e così l'Ulisse rappacificato con sé può ritornare alla sua Itaca, ricongiungersi con la moglie rimasta fedele e costante nell'animo e godere i frutti delle cognizioni raggiunte.
Ulisse rappresenta quindi l'uomo che si dà alla vita per riconoscersi nelle vittorie e sconfitte, nel guadagno della gloria e nel perderla di nuovo. Attraverso questo processo cognitivo riesce a creare armonia tra gli elementi opposti della sua esistenza e raggiungere lo stato di serenità e saggezza.
Cos'è che rende la vita interessante, se non il desiderio di mutarla per il nostro meglio?
La mutazione rappresenta lo stimolo che ci dona la coscienza d'essere e poter intraprendere qualcosa.
Dalla guerra nasce la pace, quando dopo tante sofferenze e privazioni diventa una necessità primaria, e da questa ultima sorgerà di nuovo la guerra quando non abbiamo saputo costruire una pace duratura, cioè non siamo stati capaci di risolvere i problemi della convivenza pacificamente e per il bene di tutti.
Si traccia così un sistema basato sulle cause ed effetti e agente sulle loro probabilità.
Diversi elementi messi in gioco danno luogo a diverse combinazioni e probabilità (le nostre realtà) che aumentano e variano con l'aumentare e variare degli elementi.
A causa della complessità del sistema, ogni successo raggiunto mette alla luce nuovi problemi, prima non riconoscibili, così che abbiamo sempre qualcosa da temere, scoprire e regolare.
Le vittime dei nostri errori sopravvivono nei superstiti, così che si traccia un percorso unico e continuo della specie umana fino alla sua fine, dove tutto muterà e ………



 

 
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