L'inutilità
della pace
A essere sincero la mia intenzione
era di scrivere dell'inutilità della guerra, ma poi ho riflettuto e per una
volta ho voluto mettermi nei panni di chi, a vario titolo, trae benefici da una
belligeranza.
E non parlo tanto delle fabbriche di
armi che pure vivono solo se non c'è pace, ma di tanti, anche se pochi rispetto
all'intera umanità, che aborrono la pace, nonostante che a parole dicano il contrario.
Questi signori, intesi come signori
della guerra, perché dell'origine etimologica della parola non hanno nulla,
sono quelli poi che a vario titolo incidono sulle nostre vite.
Il campionario, se pur ridotto, è
abbastanza vasto, e ritengo opportuno metterlo in evidenza.
Troviamo, così, i detentori di
immense ricchezze, accumulate non certo onestamente, ricomprendendo
in tal senso anche l'onestà morale. E' gente che spesso si professa devota, che
segue impeccabile le messe domenicali, che offre somme generose ai diseredati,
che ha tutto l'interesse a mantenere tali., perché
nella scacchiera del potere rappresentano i pedoni, facilmente sacrificabili
per i loro meno nobili scopi.
Sono individui subdoli, spesso
dall'atteggiamento paternalistico che sa essere accattivante, sempre pronti a
indignarsi per le malefatte che loro stessi hanno commesso.
Il mantenimento di un continuo stato
di tensione, di paura consente a questi loschi figuri di tener ben saldo il
loro potere, con l'inevitabile conseguenza che, atteggiandosi a difensori della
libertà dell'umanità, ai più appaiono come dei benefattori, come a dire che
l'abito fa il monaco.
E' inutile cincischiare su ideologie
politiche di destra o di sinistra, perché questi “signori” sono sempre
esistiti, anche in epoche remote.
Chi ha il denaro ha il potere e chi
ha il potere decide per gli altri e può accumulare altro denaro.
La struttura di potere, però, deve
interagire con altre minori, al fine di evitare che la suburra si accorga della trappola ed ecco che allora ci sono i
vassalli, politici di professione, che nell'ammucchiata generale trovano
adeguato spazio per soddisfare i loro istinti di potenza.
Non è possibile, però, dimenticare
anche l'apparato clericale
che fa di qualsiasi religione una professione. E se in passato abbiamo
assistito a sacerdoti che benedivano le bandiere di combattimento ora possiamo
notare l'esacerbazione estremistica di una fede, oppure il debole richiamo a un
generico senso di pace che lascia tutto il tempo che trova.
Ci sono inoltre altri motivi che congiurano
per il mantenimento delle guerre.
Immaginatevi se una mattina dovesse scoppiare la pace.
Le fabbriche di armi dovrebbero
cessare la produzione, licenziando centinaia di
migliaia di addetti che si troverebbero immediatamente sul lastrico. I
sindacati si farebbero immediatamente vivi chiedendo ad alta voce i necessari
provvedimenti che, nella fattispecie, sarebbero costituiti dal sorgere di nuovi
conflitti.
Le organizzazioni umanitarie, così
prodighe nei confronti delle vittime dei conflitti, si vedrebbero del tutto inutili e senza più sovvenzioni. Migliaia di
operatori insorgerebbero e, senza invocare la guerra, ricorderebbero i bei
tempi in cui il mondo era dilaniato da conflitti.
I militari di professione dovrebbero
fare i conti con questa fase di recessione e potete scommettere che non ne
sarebbero contenti.
A seguire, in una spirale contorta,
cadrebbero le commesse di divise, di calzature speciali, insomma di tutto ciò
che è connesso a un'attività bellica.
Per certi paesi sarebbe un'immane
disgrazia, gli stessi che ora fondano tutta la loro economia su questa
particolare produzione.
No, la pace sarebbe una calamità di
incalcolabili effetti.
E pensare che l'uomo che lotta contro
le malattie è lo stesso che giorno dopo giorno, con la sua ignavia, con la sua
credulità, con il suo piccolo interesse uccide se stesso.
Ci sarà mai un mondo in pace?
Forse è meglio chiedersi se potrà mai
esistere un mondo senza i “predoni” della pace.