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  Editoriali  »  Il diritto alla vita 29/09/2006
 

Il diritto alla vita

 

 

In questi giorni si fa un gran discorrere sul problema dell'eutanasia, risorto da quando il copresidente dell'Associazione Luca Concioni, Piergiorgio Welby.  ha chiesto al Presidente della Repubblica il suo interessamento affinché gli sia consentito morire.

Dato l'argomento in questione, di comprensibile difficoltà sotto l'aspetto etico, i nostri politici non si sono fatti attendere arrivando a dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. Eppure sono loro che dovrebbero eventualmente fare una legge che introduca l'eutanasia, o meglio dovrebbero essere loro, perché già il cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della Salute vaticano, ha prontamente affermato che la Chiesa è sempre per la vita ed è dunque contro ogni ipotesi di dolce morte sia attiva che passiva. E fin qua si tratta dell'opinione di un religioso ed in questo senso rispettabilissima. Però, ha voluto fare una piccola aggiunta: “Spetta ai parlamentari cattolici essere coerenti ed esprimere il pensiero cattolico dentro i Parlamenti. Secondo le regole e le procedure democratiche.”

Questa, secondo me, è ingerenza negli affari di un altro stato, ma dato che nel nostro paese quasi tutti sono cattolici e nella stessa proporzione sono anche i parlamentari, voglio al momento chiudere un occhio e prima di passare alle problematiche dell'eutanasia voglio solo evidenziare che quel continuo richiamo al cattolicesimo, e non al cristianesimo, suona male per una chiesa che del cattolicesimo ha finito con il fare non un credo religioso, ma la secolarizzazione di una visione religiosa.

Insomma, la visione che viene data della vita è una visione cattolica, non cristiana; è la visione di un potere temporale e non di un potere spirituale. Quindi è ingerenza bella e buona negli affari di un altro stato.

Preferisco considerarla, tuttavia, solo un'opinione e proprio per questo noto delle incongruenze nell'assunto. La chiesa dice che l'eutanasia è e resta un percorso di morte, mentre lo scopo di tutti deve essere la vita. Certo che di attentati alla vita ce ne sono stati parecchi, sempre secondo la visione cattolica: dai contraccettivi agli aborti.

La questione dell'eutanasia però è ben diversa, come nulla ha a che fare con la legge di cui si discute ogni tanto, vale a dire quella del testamento biologico.

Un conto è impedire l'accanimento terapeutico, un altro è provocare direttamente la fine della vita.

Nel primo caso basta non curare, nel secondo si deve sopprimere. Il problema, quindi, non è tanto religioso, ma etico.

La vita è indubbiamente un diritto, nel senso che un essere vivente, un uomo deve avere le più ampie tutele perché il corso naturale si svolga regolarmente. Quest'ultima può sembrare un'espressione cruda, ma tutti sappiamo che prima, o poi (meglio poi) avremo un termine. In questo arco di tempo una nazione civile deve fare tutto il necessario perché l'individuo cresca, si sviluppi, sia partecipe della collettività, riceva adeguate cure quando si ammala. Sappiamo però che la medicina è spesso impotente e che ci sono tanti che soffrono, uno strazio giornaliero nella certezza che sarà sempre peggio fino ad arrivare al decesso. In questo senso il protrarsi delle terapie per mantenere in vita l'individuo è inutile e aberrante. E penso che ci siano larghi consensi per il varo di una legge contro l'accanimento terapeutico. Non è sempre detto però che il cessare delle cure comporti la pressoché immediata fine di una vita e molti sono i casi in cui questa si è protratta fra indicibili sofferenze. Ricordo il caso di un uomo suicidatosi qualche anno fa perché il male incurabile che l'aveva colpito gli comportava dolori atroci. In quell'occasione la gente disse, più o meno, che poveraccio aveva fatto bene. Del resto suicidarsi non è un reato e anche quando non riesca l'atto non è che poi l'individuo venga processato. State attenti a questo punto perché è importante: per le leggi dello stato il suicidio non è un reato, ma l'indurre al suicidio o collaborare allo stesso lo è.

Indubbiamente, convincere qualcuno a togliersi la vita per trarne profitto è e resterà sempre un reato. Il dibattito si apre invece nel secondo caso: collaborazione al suicidio.

Apro una piccola parentesi, però esplicativa. Se un individuo desidera togliersi la vita per evitare maggiori sofferenze, ma è impossibilitato a farlo (vedasi i casi in cui è tetraplegico) per quale ragione non gli dovrebbe essere consentito chiedere l'aiuto di qualcuno per mettere in atto il suo gesto, per mettere in pratica un suo diritto?

L'eutanasia non dovrebbe essere una legge in cui può accadere di tutto, ma dovrebbe proprio prevedere casi specifici ove, previo consenso dell'interessato e accertato ovviamente che non esiste soluzione alla malattia che lo devasta, gli si possa dare una dolce morte, ponendo fine alle sue sofferenze.

Non c'è nessuna ragione giuridica che lo impedisca, così come non c'è nessuna ragione etica, o meglio c'è una ragione cattolica.

Non sono contro le religioni, sono contro l'applicazione delle stesse da parte degli uomini, quella sorta di cecità che impedisce loro di essere umani.         

 

 
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