Il diritto alla vita
In questi giorni si fa un gran
discorrere sul problema dell'eutanasia, risorto da quando il copresidente
dell'Associazione Luca Concioni, Piergiorgio Welby. ha chiesto al Presidente della Repubblica il suo
interessamento affinché gli sia consentito morire.
Dato l'argomento in questione, di
comprensibile difficoltà sotto l'aspetto etico, i nostri politici non si sono
fatti attendere arrivando a dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano.
Eppure sono loro che dovrebbero eventualmente fare una legge che introduca
l'eutanasia, o meglio dovrebbero essere loro, perché già il cardinale Javier
Lozano Barragan, ministro della Salute vaticano, ha prontamente affermato che la Chiesa è sempre per la vita
ed è dunque contro ogni ipotesi di dolce morte sia attiva che passiva. E fin
qua si tratta dell'opinione di un religioso ed in questo senso
rispettabilissima. Però, ha voluto fare una piccola aggiunta: “Spetta ai
parlamentari cattolici essere coerenti ed esprimere il pensiero cattolico
dentro i Parlamenti. Secondo le regole e le procedure democratiche.”
Questa, secondo me, è ingerenza negli
affari di un altro stato, ma dato che nel nostro paese quasi tutti sono
cattolici e nella stessa proporzione sono anche i parlamentari, voglio al
momento chiudere un occhio e prima di passare alle problematiche dell'eutanasia
voglio solo evidenziare che quel continuo richiamo al cattolicesimo, e non al
cristianesimo, suona male per una chiesa che del cattolicesimo ha finito con il
fare non un credo religioso, ma la secolarizzazione di una visione religiosa.
Insomma, la visione che viene data
della vita è una visione cattolica, non cristiana; è la visione di un potere
temporale e non di un potere spirituale. Quindi è ingerenza bella e buona negli
affari di un altro stato.
Preferisco considerarla, tuttavia,
solo un'opinione e proprio per questo noto delle incongruenze nell'assunto. La
chiesa dice che l'eutanasia è e resta un percorso di morte, mentre lo scopo di
tutti deve essere la vita. Certo che di attentati alla vita ce ne sono stati
parecchi, sempre secondo la visione cattolica: dai contraccettivi agli aborti.
La questione dell'eutanasia però è
ben diversa, come nulla ha a che fare con la legge di cui si discute ogni
tanto, vale a dire quella del testamento biologico.
Un conto è impedire l'accanimento
terapeutico, un altro è provocare direttamente la fine della vita.
Nel primo caso basta non curare, nel
secondo si deve sopprimere. Il problema, quindi, non è tanto religioso, ma etico.
La vita è indubbiamente un diritto,
nel senso che un essere vivente, un uomo deve avere le più ampie tutele perché
il corso naturale si svolga regolarmente. Quest'ultima può sembrare
un'espressione cruda, ma tutti sappiamo che prima, o poi (meglio poi) avremo un
termine. In questo arco di tempo una nazione civile deve fare tutto il
necessario perché l'individuo cresca, si sviluppi, sia partecipe della
collettività, riceva adeguate cure quando si ammala. Sappiamo però che la
medicina è spesso impotente e che ci sono tanti che soffrono, uno strazio
giornaliero nella certezza che sarà sempre peggio fino ad arrivare al decesso.
In questo senso il protrarsi delle terapie per mantenere in vita l'individuo è
inutile e aberrante. E penso che ci siano larghi consensi per il varo di una
legge contro l'accanimento terapeutico. Non è sempre detto però che il cessare
delle cure comporti la pressoché immediata fine di una vita e molti sono i casi
in cui questa si è protratta fra indicibili sofferenze. Ricordo il caso di un
uomo suicidatosi qualche anno fa perché il male incurabile che l'aveva colpito
gli comportava dolori atroci. In quell'occasione la gente disse, più o meno,
che poveraccio aveva fatto bene. Del resto suicidarsi non è un reato e anche
quando non riesca l'atto non è che poi l'individuo venga processato. State
attenti a questo punto perché è importante: per le leggi dello stato il
suicidio non è un reato, ma l'indurre al suicidio o collaborare allo stesso lo
è.
Indubbiamente, convincere qualcuno a
togliersi la vita per trarne profitto è e resterà sempre un reato. Il dibattito
si apre invece nel secondo caso: collaborazione al suicidio.
Apro una piccola parentesi, però
esplicativa. Se un individuo desidera togliersi la vita per evitare maggiori
sofferenze, ma è impossibilitato a farlo (vedasi i casi in cui è tetraplegico)
per quale ragione non gli dovrebbe essere consentito chiedere l'aiuto di
qualcuno per mettere in atto il suo gesto, per mettere in pratica un suo
diritto?
L'eutanasia non dovrebbe essere una
legge in cui può accadere di tutto, ma dovrebbe proprio prevedere casi
specifici ove, previo consenso dell'interessato e accertato ovviamente che non
esiste soluzione alla malattia che lo devasta, gli si possa dare una dolce
morte, ponendo fine alle sue sofferenze.
Non c'è nessuna ragione giuridica che
lo impedisca, così come non c'è nessuna ragione etica, o meglio c'è una ragione
cattolica.
Non sono contro le religioni, sono
contro l'applicazione delle stesse da parte degli uomini, quella sorta di cecità
che impedisce loro di essere umani.