Qualcosa
in cui credere
di Ferdinando Camon
Quotidiani
locali del Gruppo "Espresso - Repubblica" 30 aprile 2012
«C'è troppa indisciplina nelle nostre famiglie,
propongo che quando entrano i genitori, i figli si alzino in piedi»: parole del
primo ministro inglese, David Cameron. Dice che manca il senso del dovere in
Inghilterra. Manca anche in Italia. In tutta la società: c'è troppa
sregolatezza dappertutto, casa, scuola, lavoro,
Parlamento. In casa manca il rispetto per i genitori, a scuola manca il
rispetto della cultura, in azienda e in ufficio manca il senso del lavoro, in
politica manca il senso dello Stato. Non vogliamo essere al servizio di niente,
vogliamo che tutto sia al nostro servizio. I figli non
obbediscono ai genitori, gli studenti irridono i professori su YouTube, in Parlamento ogni partito cura le proprie casse e
i propri voti. Che i figli si alzino quando entrano i
genitori forse è troppo, ma che si alzino gli studenti quando entrano i
professori è giusto. Una volta era un dovere in tutte le scuole, adesso c'è un
certo lassismo. Alzandosi in piedi quando entra il professore, gli studenti
mostrano rispetto verso ciò che il professore porta: oggi spiegherà un canto di
Dante o la teoria di Copernico, tornando a casa tu, studente, passi in mezzo a
migliaia di persone che quelle cose non le sanno, il tuo insegnante ti regala
qualcosa di prezioso, che cambia la tua vita. Mostrare rispetto significa mostrare gratitudine. Anni fa il Centro-Destra proponeva che
prima delle lezioni gli studenti assistessero in cortile all'alzabandiera,
dritti sull'attenti. Non se ne fece nulla. E come si poteva farne qualcosa, se un
partito di quell'alleanza proponeva di tuffare la bandiera nel cesso? E che, i
nostri ragazzi si mettono sull'attenti davanti al cesso?
L'oltraggio alla bandiera e al 25 aprile sono segni di
decadenza. Andrebbero puniti. Il parlamentare che dice: “La bandiera italiana
mi fa schifo”, andrebbe espulso dal Parlamento.
C'è chi propone di abolire il valore legale della
laurea: i laureati si presentano ai concorsi tutti alla pari, a prescindere dal
punteggio con cui si sono laureati. E perché? Perché ci sono
università che regalano i voti, e università che te li fan sudare. Ah, ma
allora qui il problema non è nella laurea, è nelle università. Fatele
funzionare tutte, ma se io ho la laurea con 110 e lode, pretendo che valga come
tale. Il 110 e la lode sono un merito, questa dev'essere
la regola.
Chi ha un ruolo pubblico, non può sgarrare neanche
nelle piccole cose. Va al ristorante? Se lo paga. Va in vacanza? Se la paga. Ce
la paghiamo noi, che guadagniamo un decimo di lui,
perché non se la paga lui, che guadagna il decuplo? Se uno ti offre qualcosa,
acquista il diritto di chiederti qualcosa, e tu governatore (in questo caso,
della Lombardia) diventi ricattabile.
Chi ha rubato non deve soltanto smettere di rubare, deve anche restituire tutto quello che ha rubato.
C'era una vecchietta a Venezia, che si fingeva cieca e tirava la pensione
d'invalidità, lo Stato l'ha scoperta e adesso la costringe a restituire tutti i
soldi. Non li ha? Deve pagare, o s'impicchi: le regole
sono regole. Ma scusate, il figlio di Bossi rubacchiava lo stipendio di
consigliere regionale, 12 mila euro al mese, non se lo
meritava, lo ha riconosciuto e s'è dimesso. Ma dove
sono i soldi che ha intascato finora? Se li tiene? Se lo Stato se li fa ridare,
è uno Stato serio, se non se li fa dare, è uno Stato-burletta.
Burletta richiama burlesque:
noi disperati per la crisi, con i più disperati che si suicidano,
e il nostro ex-capo di governo rievoca le serate con fanciulle discinte,
impegnate in gare di burlesque? Qualcuna
era anche vestita da suora: lui chiede i voti ai cattolici, e poi
profana ciò in cui credono?
Non si salva niente, studio lavoro governo finanza
tasse religione bandiera… Se uno vuol salvarsi, vivere una vita che abbia una
dignità, al servizio di valori che la superino, deve trovarli da sé, non nel
pubblico ma nel privato, in famiglia. Per questo Cameron pensa che bisogna salvare la famiglia, imporle una disciplina. È che
noi pensavamo la famiglia come regno dell'affetto, non dell'autorità. Se
dovessimo imporre l'autorità in famiglia, perché fuori non ce n'è nessun'altra,
sarebbe il danno più grave che patiamo dalla nostra decadenza.
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