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  Editoriali  »  L'ultimo volo del Gabbiano, di Renzo Montagnoli 04/05/2012
 

L'ultimo volo del Gabbiano

di Renzo Montagnoli

 

 

 

 

Il 19 aprile se n'è andato, Il Gabbiano ha spiccato l'ultimo volo per cieli lontani, ove il tempo è un eufemismo,  e non scorre come da noi,  ma ha una misura che non possiamo comprendere, tanto che risolviamo il problema dicendo che è l'eternità.

Diego Cocolo (pseudonimo Il Gabbiano) è stato sempre un attivo collaboratore di Arteinsieme, con le sue poesie in cui rispecchiava innate passioni, come quelle per i viaggi, le escursioni in montagna, oppure le romantiche passeggiate lungo il corso del Po in quella sua terra di adozione, nebbiosa d'inverno, madida di sudore in estate, così lontana dai suoi natali, di calabro trapiantato nel Nord.

Abitava abbastanza vicino a casa mia, non più di una quindicina di chilometri, ma non ci siamo mai incontrati; qualche mail, un paio di telefonate sono state sufficienti per conoscerci, tanto più che ci univa una passione, quella per la poesia.

Le sue liriche possiedono uno stile del tutto inconfondibile e personale, con quelle lunghe descrizioni di paesaggi, con quel pulsare di stati d'animo che doveva aver sperimentato di fronte a certi spettacoli della natura e che ora riusciva con i versi a far rivivere.

Misurato, senza enfasi ed eccessi, pennellava le parole come immortalava i panorami nei suoi delicati acquerelli. Sì, perché Diego non si dilettava solo con la poesia, ma amava anche dipingere e nell'una e nell'altra arte sempre univoca era la sua impronta; senza mascherarsi dietro falsi paraventi era semplicemente così, acqua e sapone, trasparente, un uomo sorretto dalla fede, coraggioso da carabiniere e anche nel momento più difficile della sua vita, quando le sue poesie hanno scandito gli ultimi rintocchi senza tuttavia essere intrise di pianto, lievi, un soffio di quella vita che ne stava andando.

Non so se ci sia quel dopo in cui credeva, ma spero tanto che sia così e che oggi dispieghi le sue ali in spazi infiniti.

Di lui resta il ricordo che si rinnova attraverso la lettura delle sue poesie, fra le quali ne riporto in calce una, non perché sia la più bella fra le belle, bensì perché riassume mirabilmente il suo intimo sentire.

 

 

Lo scoglio


Seduto su di uno scoglio a meditare
Ho guardato l'immensità del cielo
E del mare
Di fronte agli aridi monti
Una vela bianca scivolava dolcemente
Verso l'infinito orizzonte
Guardavo il creato con gli occhi di un gabbiano.
E con le sue ali
Ho librato lontano

 

 
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