Leuca
sognando
di
Salvatore Armando Santoro
Penso
al sole di Ristola splendente,
a
Leuca, distesa pigramente lungo il mare,
dormiente
ai piedi del suo Santuario,
penso
al porto coi velieri dondolanti,
alle
case,
adagiate
come vestali stanche
oranti
lungo le sue coste bianche.
E
in mente scorre un mare terso,
d'un
azzurro che confonde il cielo,
che
a Ristola s'abbraccia con lo Jonio,
vedo
l'onda che corre e rincorre
che
la falesia allaga.
Scie
salmastre il sole disegna
tra
le conche della sua costa frastagliata
dall'onda
rabbiosa spesso flagellata.
Ma
oggi sono dai monti abbracciato
appena
spruzzati dalla neve,
il
sole filtra tra i larici e gli abeti
ancor
sfioriti
mentre
nei campi osservo qualche fiore,
un
narciso che già saluta marzo
che
il tepore raccoglie
e
che fiorisce tra le prime foglie.
E
la Dora che scorre pigra e magra,
sono
passati i giorni del diluvio,
il
mostro s'è chetato
del
sacrificio umano dissetato.
Ma
Leuca nel mio pensiero è disegnata,
Ristola
soprattutto e le sue grotte,
e
quell' “Indifferente”,
che
le spalle al mare rivolge e guarda il colle,
ove
il faro è ora spento,
che
ignora il mio antico tormento,
lo
sfolgorio di sogni,
come
il rinverdir che a primavera svela
la
prima erbetta tra la neve che sgela.
Il
sole invade la pianura;
la
Dora illumina, scintillano le pozze
dove
guazzano germani e planano gli aironi,
attenua
la gelida carezza di un vento leggiadro
che
ancor gela,
mentre
lontano avverto il flebile lamento
di
un agnello che bela.
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