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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  La leggenda del martin pescatore, di Piero Colonna Romano 09/06/2018
 

La leggenda del martin pescatore
(liberamente tratta da Le Metamorfosi di Ovidio)

di Piero Colonna Romano



Ceìce e Alcione vissero l' amore,
felici i loro giorni trascorrevano,
baci e carezze ardenti si donavano,
eran delizie che fermavan l'ore.

Miele era dunque quel sentir maturo,
canto soave che in ciel li portava,
ma il figlio di Lucifero voleva
del loro andar conoscere il futuro.

Per mare da un veggente si recava,
malgrado il cuor presago della moglie
che triste in grandi pianti si discioglie
mentre ei tenace con la nave andava.

Della figlia di Eolo i timori
si realizzaron nei più cupi modi:
il vento in quelle vele scioglie i nodi
e sconvolge la nave dentro e fuori.

Barriere d'acque e gorghi spaventosi
inghiotton marinai assieme al legno;
nell'affogar Ceìce chiede impegno
a dei che il corpo con Alcion riposi.

Ma i forti lai di quella e la preghiera
stizziscono Giunon che irata invia
Morfeo per narrar dell'agonia
a chi si tormentava giorno e sera.

Per questo il dio del sonno si trasforma
in orrida figura d'annegato,
grondante appare a lei che ha disperato
di festeggiare lieta quei che torna.

E' chiaro quel messaggio ed angosciata
la donna allora corre verso il mare,
cercando là chi non può più tornare
e vede al largo salma abbandonata.

Urla la sposa "io non son più io
ma sono morta ed or Ceìce sono,
vissi per lui e a lui chiedo perdono,
così come lo chiedo al sommo dio".

Afflitta Alcione corre verso l'acqua,
Giove clemente quell'andare muta
in volo e lei in uccello il che l'aiuta
a giunger su quel corpo che il mar sciacqua.

Dal becco piovon baci su Ceìce
che par destarsi e pare alzar la testa,
ma alato pure lui di già si desta
e assieme vanno in ciel che fa cornice.

Poi i bei color dell'alba e del tramonto
ricopron l'ali e pure il corpo tutto;
martin son fatti pescatori e il lutto
diviene eterno amor senza confronto.
 




 
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