L’uomo
di Dio
di
Andrea Biondi
Entra
in casa l’uomo di dio.
Siede,
poggia le mani al tavolaccio:
un
bianco pulviscolo l’avvolge.
Luminoso
è il quadrato della finestra:
il
mattino entra e porta le parole.
Nel
pomeriggio arrostisce una pannocchia,
è
molto profumata e piace.
L’insalata
cresce, il cane riposa.
È
vecchio l’uomo di dio
e
con la matita di legno scrive una parola.
Le
o fin troppo aperte
chiedono
per essere riempite,
l’ondoso
movimento suggerisce una buona vita,
la
diritta effe dona serenità.
La
porta è aperta:
entra
il crepuscolo e siede.
Bevono
caffè d’orzo, ma non parlano.
L’uomo
di dio apre la sacra pagina,
le
letterine ben stampate
in
lunghe file di solitudine
sembrano
strade, vicoli, quartieri.
È
una grande casa che dorme l’incipit.
È
una distesa di terra nera la bella copertina.
La
notte prende le mani,
fa
pesante il cuore:
cade
in un sogno l’uomo di dio.
Da Le
campagne hanno bocche (Fara, 2017)
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