I
balenieri di Nantuchet
di
Tiziana Monari
Ed
io, come i balenieri a Nantuchet
lo
sento il mare nelle vene, la sua oscura danza dal profondo
la
calma bellezza delle onde, la geografia delle maree
una
flotta di galee a vele piene
le
lampare sospese nell’azzurro
le
soavi brezze degli zefiri
navigo
lentamente nella tiepida bonaccia della vita
e
lo vedo da lontano
fermo
come un immenso nuraghe alla scogliera
abbandonato
ad una risacca pigra
il
ciclope di pietra che sembra sbucare dalle acque
in
uno sfarfallio di albatros e falene
e
mentre tacciono le triglie, i saraghi ed i gabbiani
nel
faro il vento gioca con le anime
la
lanterna insonne sfrigola e bisbiglia
racconta
storie di tempeste, pirati e bastimenti
di
oblio e stordimento
la
luce radente del mattino illumina le rocce di brughiera
coperte
di lentischi, cardi ed asfodeli
strige
d’assedio le macchie dei papaveri
i
fuochi di passaggio
accende
nostalgie e memorie di cambuse
e
mentre la pioggia picchietta sopra i vetri
navigo
nel sogno
nel
cuore languido dell’isola
l’universo
che beccheggia col ritmo lungo del vento di levante
e
quando la luna si inabissa dentro il mare
l’occhio
si aggrappa alla falesia
l’iride
si scioglie dentro al buio
un
flauto di Pan mormora lontano una danza di bolina
ci
sono ombre d’argonauti
e
fiori d’ippocastano
che
si perdono nel silenzio primordiale ed assordante dentro al blu.
Qui
sul mare.
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