L’innocenza
del non saper amare
di
Cristina Bove
È
nello spazio di una casa
che fioriscono gigli sulla fronte
alla
follia che mi disarma chiedo
sei tu che mi perdoni
_ che mi
dispensi da condanne
malgrado i testimoni?_
le
luci basse fanno gioco al cuore
distanziano le lapidi. Sorridere
per poco
fa sì che sulla bocca sia dipinta
un’allegria
leggera
una forma benigna di pudore
_ci si assenta dai
fatti, si bivacca_
negli
sfregi degli occhi lui ha smarrito
il bene addolorato
dell’assenza
lui sottratto a se stesso dagli eventi
_in
quel suo sguardo filiforme
domande di controllo, ora
impossibile_
non
chiedo le attenuanti
sto dilavando cicatrici e tracce
sono
un muro di strada senza uscita
ai lati tra lo scorrere di
frane
graffiti come cere
in via di scioglimento
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