Il mio mondo lo vedo,
e rido e
sogghigno
mentre il Messere
pensa ch'io non capisca.
Ma il dolore
(oh, paura ancestrale)
e i ceppi
e l'offesa d'una cella
lurida,
ancor pių miserabile
della stalla in cui vivo,
mi terrorizza il pensiero.
Almeno respiro l'aria del bosco,
e la terra che zappo,
e la polvere lavo
con l'acqua del fiume
o della fonte.
E la brezza del vento,
quella sė,
nessun me la leva
e ne la carezza del sole
o della donna che giace al mio
fianco
con l'ossa rotte
di fatica e di pianto.
E la rivolta,
quella non tace silente.
E serpeggia nell'animo,
la mente avvolge
e di brividi intensi
l'attraversa.
Ma l'impotenza m'azzoppa
ed il riso ipocrita dei vicini
m'addormenta.
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