Morte
di un commissario
di
Tiziana Monari
a
Ninnì Cassarà
E
quel giorno la morte si mostrò in penombra
levigata
dallo stupore dŽ esser viva
aveva
i polsi dei bambini
il
garrito delle rondini dŽagosto
lŽorizzonte
scuro avvolto alle sue ciglia
ed
io
avevo
negli occhi lo sciabordio dellŽonda
la
chiglia trattenuta dal pescatore che non vede
lŽazzurro
del lungomare che sŽinclina
lŽamore
in ogni gesto
il
cuore che sbocciava al lungo inverno.
Gli
assassini cantavano sui colli
e
gocciava un tempo senza stelle
cŽera
un volo di libellula
i
vasi trascurati sul balcone, la menta, i rampicanti,le malerbe
e
poi il suono spiccio degli spari
il
silenzio provvido dei vivi
il
dolore che cadeva sulla fronte
accanto
alla magnolia che si protendeva verso il cielo.
Divenni
cenere
testimone
di una furia senza scampo
pagando
il pegno inadeguato di un capitano preso allŽamo
senza
una rotta
perché
i grandi di strade non ne hanno
rimasi
sullŽasfalto
in
un furore di rosso e di cobalto
in
una luce sconosciuta
perdendo
la mappa dentro il vento
guardando
lŽinvisibile in sordina
in
alto le strida dei gabbiani
la
luna chinata a spegnere il mio sonno
e
mia moglie che piangeva
sul
mio corpo dilaniato dagli spari.