Il bar del porto
di Armando Salvatore Santoro
Il fumo del tabacco inonda la sala chiassosa.
Una nube soffocante grava
l'avventore infagottato nel pastrano color carbone
con la sciarpa verde avvolta attorno al collo.
Bestemmie volano dai tavoli dei giocatori
per una carta giocata malamente.
L'odor del vino trabocca dai boccali
e scivola sulle gole aride dei portuali.
Sbatte l'uscio al forte vento di tramontana
e l'urlo dei vapori e dei rimorchi
si perde nella baia
rischiarata dalle rade luci dei moli.
Al banco una barista avvenente,
dal riso acuto e volgare,
mesce boccali di birra a due clienti
che le rivolgono pesanti apprezzamenti
sul suo seno oscenamente ostentato.
Lento un suono sgorga dai diffusori sparsi alla parete
e soffoca il cicaleccio confuso
che dai tavoli s'alza e che stordisce.
Il canto d'un marinaio sbronzo
s'allontana nelle brume della notte che agonizza
e all'abbaiar d'un cane s'accompagnano
le rozze imprecazioni che si perdono tra le gru
e tra i container ammassati lungo i pontili.
Irrespirabile scende la brina
e appesantisce la vita
e il passo instabile rende
mentre un lampione ondeggia
e un'ombra vacillante protende e alterna
alla scarna luce che i pensieri opprime.
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