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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  La morte dell'amore, di Antonello Bianchi 19/10/2007
 

 

LA MORTE DELL'AMORE

di Antonello Bianchi

 

Lento

il corteo funebre

proseguiva lentamente la marcia

come a non risvegliare il cadavere

coi troppi scossoni.

 

I presenti seguivano senza pregare

sbirciando di tanto in tanto

a cercare la cassa

a notar la fattura e la spesa

curiosi di ciance,

fonte dei mormorii:

“…oggi si chiude il manicomio,

oggi si aprono le carceri...”

 

Il carro precedeva,

con gl'autisti cinici e annoiati,

mentre Cupido in fondo alla coda

si dimenava in capricci.

 

Il tempo della santa messa di saluto

e poi di nuovo in spalla

a muovere quella scatola di bara

verso il camposanto

dove solcata era già la fossa.

 

Si sussurrava:

“Forse l'unico erede,

forse l'unico orfano”.

Il lutto sembrava essere infatti

esclusiva afflizione di un tale

che, solo, di lato,

si trascinava innanzi.

 

“L'amore è morto”. Ripeteva.

E faceva tristezza a vederlo.

“L'amore è finito”. Singhiozzava.

E faceva tenerezza.

 

Il prete, allora,

commosso davanti al catafalco

cercò parole di conforto

ma senza la sua consolazione.

 

Tanti ebbero compassione di quel poveretto

che, venuto da lontano, logorato dal dolore

si reggeva a malapena in piedi.

Ma solo una donna si avvicinò a lui

prese la sua mano

e gli baciò la fronte

con fare materno e lascivo.

 

Lui allora si fece forza

e recuperò la postura

riprese a camminare

sostenuto a fianco

dall'Angelo suo del Sollievo.

 

Le fiammelle dei ceri

si piegavano

al vento primaverile

e il cielo si scurì,

giunta l'ora di riposare in pace.

 

“Padre, perché mi hai abbandonato?”

urlava l'uomo

senza corone di spine,

trafitto al costato.

 

Tutto intorno silenzio.

 

L'ultimo pugno di terra

fu coperto dai fiori della mestizia

e dalla voce sgraziata delle cornacchie.

 

"L'amore è finito"

ripeteva l'uomo con Lei accanto,

mentre Cupido in fondo alla coda

insisteva col fare bizzarro.


 
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