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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  Terra di mezzo, di Ivan Fedeli 29/11/2007
 

Terra di mezzo – monologo

di Ivan Fedeli

 

Ma nascerci così, per discendenza

di cuori e di sapori in questa terra

di mezzo, e non si sa se rimanere

 

o andare, lungo i viali che stazionano

tra largo Marcantoni e il Sabotino.

E le panchine stanno lì, ristrette

 

nel legno inospitale di altri giorni.

Sapersi, poi incontrarsi, stare al gioco

in una zona dove spira forte il vento

 

e ti separa un po' dal sole.

Intanto passa un treno, l'oleandro

reclama qualche sguardo vista mare,

 

inutile tentare di intuire

la voce che ti chiama e fugge altrove.

Ci sono stati proprio tutti i nomi.

 

ed altro scivolando è già passato,

poi un'epoca latente, quasi a caso

nel suo procedere avanzando a scatti,

 

senza peccato. È vergine pensarsi

accolti in braccia afose, come un pezzo

di silenzio finito in qualche assenza,

 

tra case cantoniere e altri palazzi,

nel limite indeciso che è dei tetti.

Accogliersi così, per permanenza

 

di facce fatte uguali nelle rughe,

ciascuna e la sua bocca a rimanenza,

la luce dello sguardo a darsi in fretta

 

cercando chi lo coglie e lo rimpiazza.

Si resta in giorni della stessa razza,

contarli per dovere ai calendari

 

uguale già la somma, la deriva

dei passi per carpire cosa è vero,

se trovi nella corsa dei binari

 

un alito di vita per regalo.

È l'ora del diretto delle sette,

ritarda e tu lo sai che è come sempre

 

ma è bello poi così, sentirsi niente,

sospesi in una traccia di orizzonte.

Il fronte forse è questo: scivolare

 

nella pazienza docile del tempo,

in cerca di un parcheggio, al proprio posto,

un attimo e non essere più visto,

 

che sale l'onda lunga della sera

tra rondini esiliate e la preghiera

che tutto sia lì uguale per dovere

 

di chiedere un domani rimanente,

importa stare a galla, un po' smicciare

la falla minacciosa del presente.

 

 

(da Inventario della specie opacaLietoColle 2007)

 

 

 

 
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