S'ACCAPARRI
LA DOTE IL PIU' FORTE IN ARMI
di
Luigi Panzardi
Racconti in villa, la sera annoiata,
con la luna sprezzante.
Il mare nero alterna sospiri falsi di
pace
a silenzi
feriti da algide scaglie sonore.
La panchina ascolta:
Il legnaiolo segava ogni giorno
mai stanco
anche di festa:
crollavano i
tronchi tra ruvidi gridi.
La terra s'apriva oscena, nuda e
piagata;
ansimante il
picchio di ritorno bussava al vuoto chiedendo del suo tronco;
il lombrico
senza foglie s'essiccava contorto al sole;
al vento
che libero scorreva lo scricciolo smarrito inveiva
<<A me, il tuo!>> Gridava
il legnaiolo ridendo:
s'innalzava
levigata la sua capanna,
mangiava legno di
bosco e cresceva in finestre.
<<A me, il tuo!>>
Dopo anni di tronchi carpiti
in un'alba
ottusa giunse un turbine ululante:
<<A me…Il tuo!>>
Il sibilo maligno del vento raggiunse
la foresta ritratta, umiliata, mugugnante;
girò la
notizia tra le foglie offese, tra i cirri d'erba,
uscirono da
ruvidi buchi gli animali strisciando, volando,
tutti ridenti,
aspirarono ebbri il profumo del legno affilato, tornito,
fecero ala al
sentiero arido e tacquero.
Veniva di lontano il carro trionfale
sgargiante di discordi colori,
agghindata a
festa la bagascia
con la falce rideva e rideva:
<<A me il tuo!>> gridava
sguaiata
e lanciava
sulla casa infoscata un turbine di morte.
<<A me, il tuo!>> Lo sentite il grido dei guerrieri
in
Iraq? in
Afghanistan?
<<A me il tuo!>> grida
anche l'HIV nello Zimbabwe, nel Darfur.
La ferocia ingorda griderà sempre:
“S'accaparri la dote il più forte in
armi”?