LA SOFFERENZA
di Salvatore Armando Santoro
Ieri ero
affacciato alla finestra,
e un amico mi chiese come stavo.
Avevo
qualche acciacco, é proprio vero,
qualche dolore in basso alle caviglie,
e tanta pena in cuor per dei tormenti
per una sofferenza inaspettata,
per una angoscia improvvisa,
non cercata,
che la vita m'aveva disturbata.
E volevo, alfin, farla finita:
pensavo a un vecchio ponte non lontano,
un bel volo davvero, disperato,
e poi la pace del silenzio,
un bisogno a lungo ricercato.
Ma la
finestra mia
sul mondo dava,
l'occhio spaziava attento, dappertutto,
solcava i mari in tempesta,
le montagne innevate valicava.
E vidi
tante miserie ed oppressioni,
le sofferenze dentro gli ospedali,
gli orrori delle guerre, le esplosioni,
la fame, la sete, la disperazione,
il pianto dei bambini e della gente,
la paura negli occhi degli anziani,
la fuga disperata sui gommoni.
Il frigo
avevo pieno di alimenti,
l'acqua scorreva, pur se intermittente,
lenta dal rubinetto, rinfrescante,
la luce illuminava le mie notti,
la legna scoppiettava nel camino,
in giro
potevo andarmene tranquillo,
senza paura, senza timore alcuno
pacifico per le strade del paese,
sereno potevo salutare i tanti amici
che incrociavo a tratti sorridenti.
Ci
pensai mentre guardavo il mondo,
ed all'amico mio che ritornava,
gli urlai contento, col sorriso pieno:
“sto
molto bene, sai,
m'ero sbagliato,
penso d'essere un uomo fortunato”.