Viaggio la città
in un paio di calzature logore.
Cicerone della mia
stanchezza
di uomo svanito.
Sono solo un tizio,
fra passanti che si credono
i soli battezzati con un nome,
perché privi dei miei difetti.
Del mio cappotto usato,
la mia bottiglia, collo di cigno,
da trattenermi accanto nelle sere buie.
Io sono il possessore
della loquacità del cielo
che a ogni viaggio di nuvola
sa arredare il mio niente
con un tetto diverso.
Sono il tizio della
panchina,
trono di un re,
con una riga di sporco sulla fronte
a fingersi corona.