L'orologio di Laura
di Elia Belculfiné
Siedo nell'ombra
della vecchia bottega del calzolaio a
farmi vecchio
anch'io. Potresti magari,
per azzardo
della mente, chiamarla vita questa fermata
nervosa, questo
lasciare cadere le mani,
dopo tutte le parole
versate, e le
altre – le parole ingoiate
per forza, le parole d'amore.
E arriva
sorridente la piccola Laura,
vento lieve
dell'est. Pone fine al girotondo dei
pensieri. Smonta dalla sua bicicletta
che pare un
giocattolo: è disincanto. Ah, se la
vita fosse
quel visino di vetro puro / respiro
di genesi.
Ci furono mani –
non le
stringemmo alle nostre.
Questo vuol dire fine. E lento brucia
l'ultimo
fuoco di sabbia. Ci
furono stelle
certo – non le vedemmo,
mai. Ma la
moneta sì,
lanciata in un
testa o croce, e il futuro /
idolo
senza carne unto dalle benzine della baia,
dai sali a
sfiorare i tuoi piedi nudi privi
di passo
in riva al suono
di una
notte rum e coca. E nell'ombra buona che
sa di
muffe e calce e polveri di tufo,
folgori nel
cranio –
Laura sbuca dal caffè vicino,
risale in
sella, scompare in un vicolo.
Torno a casa, ai miei fogli. Apro
le
finestre. Ora ne vale davvero la pena. Perché
si deve
crederlo, anche se pare
sciocco, che il
mondo è quella bimba che
sorride
senza chiedere nulla in cambio. Tienilo
stretto il tuo
tempo. Prima che dimentichi.
Tienilo stretto.
Prima di incominciare ad
aspettarlo.
Segui l'orologio di Laura.
Qui restano poche cose. Domani penseremo
case
silenziose sulla via dei gabbiani,
un pugno
di stelle, un vento, chi ci indichi la rotta
dei sognatori. Ma intanto ascolta il motivo che sale, si
impone pian
piano nella mente, forse voce
del mare
antica, il lento crepitio dei ceppi o una bimba,
una fata che mormora lenta tum bala tum
bala tum balalai… in attesa di cercarmi
le note, uno
strumento che le scagli lontane, le trasformi
in musica.
Ascolta. Per te concerto il silenzio che freme
nelle mie dita. Appena accennato.