Ladri di mele
di Salvatore Armando Santoro
Ricordo ancora lo spavento,
che il cuor mi martellava
dentro il petto
come una palla che impazzita
colpisce pių volte le sponde
d'un bigliardo.
E avverto ancora
le imprecazioni
e il respiro affannoso
del contadino che ci rincorreva
urlante e minaccioso.
E noi, piccoli furfanti,
con le camicie
legate con lo spago
colme di mele mezze acerbe,
che si correva ansimanti.
Poi quando il pericolo
s'era allontanato
sostavamo sornioni,
con la fronte imperlata di sudore
e rossi in viso,
sui muretti delle fiumare a secco,
a gustare golosi
i frutti proibiti dell'altrui raccolto.
Frutti lontani e dolci,
frutti desiderati,
frutti ancor saporiti,
frutti svaniti
insieme a tante voci sconosciute
di bimbi senza nome e senza volto
che impertinenti sorridono affannati
da un archivio di memoria stanca,
che ormai poco ricorda
che ogni dė sempre pių sfianca.
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