Solo i
miei occhi, i miei occhi soltanto
di Elia Belculfinè
I
Rivivo i fuochi in riva a certe notti, vigilie dell'Assunta o l'ultima
novena di marzo, il frastuono delle bottiglie
e le
conversazioni - olio che frigge;
la chitarra di Ornella…
Non vi penso con malinconia ferita, ma torno alle stelle
piangenti di bellezza, a qualche bacio nei
perimetri | di Klimt.
Mi ritrovo il respiro | nudo, la veglia perenne sino alla
sobrietà fastidiosa. || Ogni ora delle
mia vita è la frase di una
poesia, le carezze e i pugni e gli amori
e
la rabbia.
Ma il giorno mi cuce l'anima dentro una pelle di serpente magica.
Ho vissuto tante vite, tanti volti si affacciano al
mio specchio economico, montato
su una banda dell'armadio
blu intenso;
II
talvolta non li riconosco: solo i miei occhi, i miei occhi soltanto,
al modo dell'H2O traballante, non chiusa
con un sigillo
nella ghirba della musicalità arroventata,
ma istante di tutti gli indizi
che si raccolgono
nelle mani e la sera, poco più avanti dei
vespri e i suoni
di rigonfie campane - assurde per il fatto
stesso di esistere. Fino a
6 anni fa non ne capivo il significato. Fui stupito della risposta
-
perché suonano? - è il tempo…
Mi apparve insensato. || Avevo sepolto in un barattolo
di vetro, sotto il ciliegio dell'orto sommerso,
il mio tesoro dei pirati di
strass e bottoni, li
III
conservava Zia Anna
in uno stipo del salotto fra medicine e
bottiglie
di | rum | per dolci. E
avevo saldato come in un
proiettile la mia polvere aspra,
rialzato dalla terra la sua struttura a
somigliare alla carne.
Mi innamoravo anche | di alberi e | di
precipizi,
senza stancarmi dei | miei piedi, e lo
sguardo aperto sulle cose che
diveniva la mia bocca.
IV
Soffiasse nel sangue disabitato | della mia voce persino
una ruvidità di fiore nuziale, e la dolcezza
degli intenti
per cui si prega una continuità di odori.
Hanno rifinito l'argilla grezza del mio pensiero | queste strane
attese e il momento delle
combustioni
del legno marino e
radiche
bagnate di
nafta come pan di Spagna.
Ahi, l'impasto tranquillo che mani
stanche rendevano un'ode di
Neruda; quelle
mani malate d'amore.
E aumentavano le | cellule adipose, le | moltiplicavano
gli affetti; quella volta
che Roberta si tirò giù
le mutandine durante
bim bum bam…
V
Che io mi copra naso e orecchie, la resistenza
dell'azzurro, l'arco
a sesto acuto delle
nuvole, adesso, e per quanto
io chiuda gli occhi, incunea
canti di arterie e
molari per altri sensi più rari che le dita.
Come sia possibile lo
ignoro, eppure accade. E accade che sogni,
nutrito del siero
ultramillenario, e i polsi non sono,
a questo
punto, che l'inutile giuramento
denudato;
un trambusto di lingue di fuoco
piovose – come un inverno a Londra, come
piane lacrime sudice
di gioia. || Ho preso a vivere
dentro l'aggressivo carbone privo di sesso. E
in camicie e biancheria
da branda al sole lungo
| un
rocchetto
sbrogliato di fil di ferro, fino
a diventare bacio. || Ho imparato le
cifre
difficilissime di una parte di
mondo, ma sono i volumi degli
amori che risollevano | il mio sangue di
colomba
preziosa, | i volumi di tutti
gli amori il
mio cauto bagliore impreciso.