Veretum
di Salvatore Armando Santoro
Dall'ermo colle
ove solingo
giornate passo a rimirare il mare,
la tua casa riguardo
e tracce cerco della tua presenza.
E mentre penso,
sotto i miei piedi
orme lontane inseguo,
tratturi dell'antica via traiana
che la storia sovrastano,
al tempo perdurano
e la memoria antica,
tracce di porti e navi,
nei fondali del mare
archiviano incostanti.
L'urlo dei cavalieri ancor resiste:
nella vallata l'orda musulmana
cozza contro il Vereto
e la respinge.
E se la croce č un simbolo che dura
se quella mezza luna ancor resiste,
se nei geni della razza vinta ancor persiste
la traccia dell'antica violenza allor subita,
anche il bianco vessillo dei crociati
al sole splende tra le mura antiche
d'una rocca che protezione diede,
e riparo e conforto,
a quella gente che l'onta subě impotente
delle incursioni
degli infedeli predoni saraceni.
E questa terra,
figlia della stirpe dei cretesi, dei messapi,
dell'orgoglioso e forte popolo japigio,
le tracce ancor conserva
d'una cultura che non č finita.
Dormente giace
sotto le zolle, tra le pietre di questo suolo ingrato,
e nel tempo teschi ed ossa ridona
all'ignaro bracciante
che al sole le zolle rivolta
e sassi ammucchia ai bordi dei poderi.
Le vestigia antiche ancora custodisce
d'una storia tutta da stilare
che sempre a un popolo appartiene,
d'una storia che il tempo non cancella
e che attende, paziente,
che al sole riemerga e che sia letta.
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