Veduta con spiaggia
di Elia Belculfinè
Mi hanno detto
che il desiderio del mare
è somma di
paura ingente; un fragore, un miscuglio di luce
- schiuma
- questo
mio miscuglio
nascosto dentro il calco della
strada. …Di che
calibro l'anima altera
l'ingegno dei
suoi colori -
vetro vulcanico
- Prendo atto, adesso, del trionfo del
pesce che sale
sul gabbiano, e il mio battito di
bestia. Non
lontane le case
sognano di un
inverno
silenzioso con il sole
che si acceca e
disserra un chiavistello puro. Ma tu
sapevi
innalzare l'amore, faro
riverso addosso
a una foresta
di vento. Non sai che ora biancheggia,
si fanno un
letto i pescherecci. E mi hai lasciato solo il
mare, per confidare la mia ventura. Penso
- tempo - una selva di respiri:
non sono indizio
di mondo. Qui
il mondo finisce e ti abbandona
nelle spalle un
abbraccio di fuochi. Tutto
riarde
nell'attesa dei
tuoi occhi
così festosi da
risuonare intorno
come
affrancamento vivo. Un
tempo avrei
saputo,
con la
congestione della mia mascella incuneata
nel tuo
pensiero, dire che, sì, anche il mare si invaghisce
delle sue
distanze vergini, ma tu solo sapevi
trasformare la
sabbia in
un giardino
di fichi. E
risplendo di tristezza. Com'è grande
l'ambizione del
mare… eppure
la felicità non
ha rumore di specchio, o un rumore di
specchio appena
e mi arrampico sopra
le pietre
dell'esultanza; scrivo
per te un
notturno
di Chopin. Ma
il mio lievito immondo trafitto
dall'amore
vaneggia di un riscatto più presente che il tuo
pianoforte. Per
questa ragione, e
per il fatto
che non puoi darmi un arabesco
perduto, io per
sempre mi inebrierò
dei tuoi
castighi.