"MORS SOLEMNIS"
Penetra un chiodo, e un altro ancora,
tra la carne vibratile
che ansima e
singhiozza per un peccato mai commesso,
flesso è il
corpo e alta la fronte in gabbia,
percosso e
attonito dagli staffili del proprio carnefice,
scende un rovo
al di sotto della palpebra desta
per
agganciar come fibbia di sferzante sale,
la visione
di una nuova rinascita,
riverbera lo
stridore di quella crosta lacera
finché oscilla
e s'annida,
come verme
tra gli incavi della Terra.
Una terra non meritevole di alcun
perdono:
questo è il
sacrificio e l'atto d'amore
illuso tra gli
angoli della strada d'una città
ove il
peccato s'insinua come radici di sempreverdi.
Il peso di una croce e di una corona
di spine
a
dirompere le ossa del collo come una bestia da soma
dopo la
fatica e l'amaro sudore dei campi incolti.
Nessuna semina, nessun raccolto
se non una
bestemmia ed una parabola
concimata ancor
più dall'ibrido inganno
di coloro
che conobbero la ragione dell'incesto e del sangue.
Si discioglie e si dipana adesso la
corona di spine
sul corpo
frantumato e afflitto dalla propria caduta
di angelo
senza ali e senza nome, il cui paterno comando
dall'alto di
una volta celeste, affoga nel vuoto
di un
silenzio mai udito dalla mortale progenie;
e squarcia
nella sua eterna e ciclica discesa,
ogni lembo di
vana speranza, finché le carni
e il cuore
si aprano come strale fra la tormentata tempesta,
nel pieno
rigurgito di un diluvio di sangue e di piaghe infette.
Questo l'antico ricordo, d'una terra
lontana;
così dalle
contuse lacrime di un logoro flagello,
di mia
Madre, il viso, scarno e flagellato
dalle singulte passioni del proprio figlio mortale
sfrigola e geme
tra le mani congiunte,
portate alla
bocca di chi assapora l'altrui dolore
come il
destino di coloro che dell'immolato
sguardo,
decretarono il veto.
Il mio cuore e la mia anima, pegni
questi
per un
popolo cieco e di sé giudice,
fuggono via
dalle provate ossa di martire
insieme al mio
alito, incarnatosi
in una
sorda e falsa religiosa promessa,
pallido e arso
di vergogna
per avere
della propria indulgenza
mortificato le
ultime delizie,
in veste di
semplice Uomo.