Il passo del bradipo
di Elia Belculfinè
Vorrei essere un'onda sonora, per arrivare a
te con
una nota - il coniglio nella manica - una pausa di
minima. Rapido, ma
non quanto la baleniera di Zeus, perché l'amore lontano
muove | il passo del
bradipo. Per
quale ragione
desiderare di
essere la luna? Nella mia stanza da letto
l'oscurità può abitare
anche il gesto delle finestre, qui che
ogni
ombra disegna sulle mie
spalle la parola luminosa del
tuo sangue, e fra le mie braccia
come quella di
un tiglio. Ahi, il lungo
magnificat del campanile e poi
annientarmi:
il tuo sorriso, quando,
triste, affoghi
la tua pena nel mio
ventre pieno di api-lucerne. E ti sporco
di lacrime, le mie, di rettile,
rumorose e nuove – una
diavoleria di tammorre. Vorrei, io
vorrei seppellire nei miei
occhi il tuo cuore riconoscente, epico, meravigliato,
la cicala drappeggiante delle ore -
code di bai, per averti
in questo concilio di fuochi,
in questa pietra viva
adesso, prosciugata, in questo vino aspro e i pani crociati,
ri cunti de ri viecchi
sott'a ri i purtuni chini de
spiriti stracqui.
E Zia Annibala? Che mi ha insegnato a ridere con
le mani, quando tiravano il vecchio
sipario della missione.
Pertanto ho imparato a misurare l'anima in quarti,
il respiro. E recito la Madama Butterlfy
per riempirmi
la bocca di
inflorescenze, pollini
essiccati, perché sono un poeta, dicono, e la mia bocca odora
di vigneti antichissimi, come le arche di farro e miglio nelle
ossa-flauti degli imperatori. Poi
invecchierò,
e gli spartiti, le opere, i giorni;
il finale a pezzi, l'attore intirizzito
dietro il
tendone. E mia madre come una
cassandra nello stomaco
del violino, le sue
ultime parole, una
maliarda del mondo ottimo.
Allora aspetto,
trascinando al tuo seguito / un
abominevole
contagio sonoro / urtando lo
scenario. << L'uscita è da quella parte >>
alzando la bacchetta
magica contro il cappello
del prestigiatore. << Dopo di voi,
prego. >>