Quarantadue
lune (A Cesare Pavese)
di Tiziana
Monari
E in questo
giorno d'estate che si lascia guardare
ho
sentito la morente voce buia
il
soffio tenero della notte di fine agosto
il
cono d'ombra della signora in nero
ho
allungato gli occhi sulle mie quarantadue lune di ieri
sul
rumore dei sogni seduti accanto
sugli
spazi vuoti della vita
ho
contato i solchi del tempo
il
viaggio delle rughe sulla mia fronte
le mie
mani inutili
decidendo di pagare il conto con i pochi spiccioli rimasti nelle tasche.
Mi sono
innamorato della lentezza delle nuvole
fuggiasco
nell'ora
dei pallori più estremi
e ho
capito che il tempo non è importante
non
esiste davvero
è
soltanto un'anonima curva
ora
che il giro è passato.