Noi, che abbiamo
oltrepassato il Novecento
di Franca Canapini
Magri i nostri padri
affamati come il nomade
dopo l'ultima carneficina
nessuno avrebbe sradicato da noi la
fame
e l'oscuro sogno di riscatto
Lunghe
le infanzie povere
giocate nelle aie e nei cortili:
graniglie smosse, geloni
strade di sassi, biciclette
veglie alla luce dei camini
Non sappiamo più dire cos'erano
i silenzi estivi nel galleggiare
lento di piume lungo i fiumi
la sgusciatura di granturchi
di notte alla luce dei carburi
sotto i ciliegi le danze tribali
alle prime raffiche dei geli
lontani, impressi
nella mente come miti
E poi l'accendersi della lampadina
il frigo, la lavatrice, il televisore
( protetti
da coperte e da centrini)
il
telefono nero al posto pubblico
il telefono grigio in casa
lo scooter, l'automobile
la sirena della fabbrica
a svegliarci la mattina
e razzi
che fendevano lo spazio
nessuno avrebbe sradicato da noi la fame
e l'oscuro sogno di riscatto
Piovvero
oggetti accattivanti
merci sublimi
ci stringemmo in nidi
di vespe cittadini
proibiti il passo lento
la lingua madre
la terra sotto le scarpe
rasata al suolo e cosparsa di sale
la millenaria civiltà rurale
Non sappiamo più dire cos'erano
quelle città scure, i libri, le lingue
diverse
quel contestare i nostri vecchi
quella volontà decisa di affermarci
nelle piazze insieme quel ritrovarci
E ci disperdemmo in fabbrica, in ufficio
nelle scuole, nei negozi
rinnovammo case, mobili, parenti
c' ingozzammo di barche, telefonini
ci attaccammo ai fili del computer
nessuno avrebbe sradicato da noi la fame
e l'oscuro sogno di riscatto
Non sappiamo dire cos'è oggi
il disincanto dei giovani
davanti al nostro entusiasmo
ammutoliti
per una società in sviluppo
( sempre in sviluppo )
… perché noi, solo noi
abbiamo corso in avanti
- solo in
avanti -
freneticamente
consumando
senza voltarci
mai