La fionda
di Domenico Sergi
…è lì, la strada stretta di campagna
dove mio nonno andava ogni mattino :
erano a destra gli alberi d'ulivo, più in là la vigna
poco lontano il campo d'oro il grano
ed io che me n'andavo in giro a zonzo
con occhi di cerbiatto incuriosito
saltavo fossi in basso, in alto i rami
dove scovarci, forse, un nido…
Gironzolavo là mattino e sera
con i calzoni corti da bambino
in tasca buchi, in cinta un temperino
e per la testa un grillo, anzi... più d'uno…
La fionda in mano, quella non mancava
e gli occhi dove il sole si posava.
Lucertole per me, quello il bersaglio
sdraiate al sole forte di quel Luglio
lunghe, tirate a lucido, su muri e crepe
o sulle grosse pietre allo sterrato
Un attimo, tendevi il ciottolo ben levigato
e llà…spaccavi il cranio del vertebrato
e ti sentivi grande e onnipotente
la fionda, il temperino, l'occhio, la mente
piccolo dio cui era dato in dono
di dominare un regno… senza trono
Poi, negli anni della conoscenza
capisti qual'è il potere della fionda
e quante volte ricevesti in testa
ciottoli tirati a lucido di prepotenza
nel gioco irriverente della vita
Chi ha il retino abbranca le farfalle
schianta lucertole, stritola formiche
come se fosse un dio senza frontiere
ma non sapendo d'essere…molto vicino al niente…
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