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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Danzare…il mio sogno!, di Giuseppe Gambini 29/11/2015
 

Danzare…il mio sogno!

 

di Giuseppe Gambini

 

 

 

 

 

 

 

Stasera, come ogni sera, non riesco a prendere sonno, anche se prima di co­ricarmi ho mes­so in fun­zione – come sono solita fare - il mio carillon preferito, con dentro la statuina di una bal­lerina in cera­mica dal volto lucido e marmoreo che, su semplici note del famoso “Lago dei Cigni”, volteggia sempre nello stesso verso, con la medesima velocità.

Il suo volto non appare stanco, è rimasto immutato nel tempo, con gli stessi dolci tratti so­matici, sognanti ed espressivi. Il mio, invece, ogni giorno perde la propria vitalità, se­gnato ora dopo ora da nuove rughe che lo deturpano... altro che creme di ringiova­nimento ci vorreb­bero tra tutte quelle che la pubblicità ci propina attraverso i mass-media!

La natura deve fare il proprio corso, inutile il­ludersi; ad una certa età a nulla serve il restauro della propria identità... bisogna accettarsi per ciò che si è diventati e serenamente vivere il tem­po che ci vien dato da vivere, godendo di quello passato!

 

 

Mi chiamo Elisa Ferraris ed ho 75 anni; anche se donna, ad una certa età bi­sogna es­sere orgoglio­se di dichiarare i propri anni. Sono stata una famosa balle­rina, “prima étoile”del Corpo di Bal­lo del Teatro alla Scala di Milano.

Sola e mai sposata, vivo in una villa che ho voluto chiamare “Scar­petta rosa”, versoBrunate sul lago di Como, dalla quale godo una bellissima vi­sta sul lago sotto­stante, circondata da alberi secolari.

Ho una nipote quasi trentenne che si chiama Angela e vive a Milano, fi­glia di mia sorella Lucia, purtrop­po deceduta. Angela spesso viene a farmi visita e con lei posso parla­re di tutto, soprat­tutto di danza perché – anche per lei, come lo è stata per me – quest'arte è una grande passio­ne, un sogno da vivere e poter realizzare.

Oggi mia nipote verrà a trovarmi e a lei inizierò a raccontare la mia vita.

Angela è anche una brava scrittrice e ha deciso di rendere pubblica, spero senza roman­zarla, la mia vita di artista e tutti i miei successi e riconoscimenti. Mi farebbe piacere se an­che voi foste presenti a quest'incontro... così, ancor pri­ma di leggere “le mie memorie”, po­tete vivere in diretta tutta la fatica che mi è costata per di­ventare una balle­rina di suc­cesso, ma soprattutto potete vivere con me e mia ni­pote il grande sogno della mia vita e la capar­bietà e la grande pas­sione che vi ho investito per poterlo realizzare...

…eh, sì, dan­zare è sta­to sempre il più gran­de sogno della mia esisten­za!

 

 

Drin... drin.. drin... hanno suonato, dev'essere lei e va anche di fretta, a quan­to sembra!

“Ciao, Angela, come va?”

“Bene, zia Elisa... e tu?”

“Bene, grazie. Allora, sei pronta ad ascoltare e scrivere tutta la “Via Cru­cis” della mia vita? Sei sempre decisa a farlo?”

“Certo, zia, non ne vedo l'ora! Altrimenti perché sarei qui così puntuale, lo sai che soli­tamente non lo sono mai!”

“Capisco! Senti, c'è però una piccola novità che non conosci. Sapendo che venivi per ascoltare la mia storia, mi son permessa d'invitare a quest'incontro anche alcuni amici ano­nimi ed invisibili, ipotetici lettori che non co­nosciamo, ai quali farebbe piacere ascoltare in anteprima la storia della mia vita, ti di­spiace? Stai tranquilla, mi hanno promesso che comunque, dopo, compre­ranno il libro che scriverai, narrando tutte le emozioni della mia vita!”.

“Figurati, zia, ciò mi può solamente onorare e far piacere. Sicuramente la storia delle tue vicissitudini potranno motivare e spingere tante altre persone, soprattutto giovani ragazze, a seguire il tuo esempio.

Allora, comincia­mo?”.

“Sono pronta...”.

 

            

 

Sono una ballerina famosa e tante ragazze vorrebbero imitarmi e raggiungere gli stessi traguardi e succes­si da me conseguiti durante la vita. Queste ragazze, però, devono sape­re che i sogni da realizzare bisogna guadagnarseli con sacrifi­cio e abnega­zione, perché – se è vero che la fortuna esiste ed una sua mano non si rifiuta mai – è al­trettanto vero che solamente la propria ambizione e testar­daggine, unitamente ad una grande forza di volon­tà, possono portare a risultati eccellenti. Bisogna sempre credere in ciò che si fa, per rag­giungere i risultati che si vogliono otte­nere! Danzare è stato il mio sogno da realizzare, fin da bam­bina e, se oggi posso gri­dare al mondo d'averlo fatto, per me è una grande gioia e motivo d'orgoglio.

Arrivare fin qua, però, non è stato facile... quanti sacrifici mi son costati!

La mia è una storia lunga.

Biso­gna partire da lontano, da quand'ero bambi­na…

 

 

Sono figlia di contadini; con orgoglio posso dire d'essere nata "sotto il cavo­lo", conside­rato che ho vissuto l'infanzia in mezzo ai campi, coltivando la terra per dare una mano ai miei genitori. Mio padre svegliava tutti al canto del gallo ed accompagnava nei campi me, mia sorella e le nostre ami­che della fat­toria. Ci mostrava il lavoro da fare e poi andava a svolgere il suo. Ma noi erava­mo piccole ed avevamo tanta voglia di giocare, di divertirci nei prati, roto­lare tra l'erba, correre sui declivi verdi molto estesi... oh, come ci divertivamo! La­vorare era un gioco, o quasi, e qualche volta mio padre ci sgridava perché perdeva­mo tem­po. Ciò nonostante, già così piccola, sentivo una vocina dentro di me che di­ceva: “Non è questo il tuo futuro!”.

A quei tempi non sapevo nemmeno cosa fossero la danza, la musica classica, il tea­tro. Ma una sera, una delle rarissime volte che guardavo la televisione, vidi uno spetta­colo af­fascinante; alcune ragazze poco più grandi di me, con stu­pendi costumi, con sinuosi movimenti delle mani e del­le gambe, s'intrecciavano tra loro e danzavano leggere nell'a­ria... sembravano volare come farfalle, ac­compagnate da una musica dolcissima...

“Ma cos'è questo?” chiesi a mia madre.

“Non lo vedi?... è la danza... sono ragazze che ballano..." mi rispose lei.

Per me fu una folgorazione; da quel momento decisi che sarei diventata bal­lerina! Quella notte ero un po' agitata, ma feci un sogno meraviglioso!

Sognai d'essere già una famosa ballerina e di danzare leggera come una piu­ma, so­pra un tappeto di nuvole e intorno a me tante altre ragazze in tutù volteg­giavano. Salta­vamo da una nuvola all'altra con grande leggerezza, ci sembrava di volare e, al di so­pra di noi, splendeva il sole che ci sorrideva e dondolava la testa seguendo il ritmo della musica.

An­che lui ballava con noi!

Al mattino il canto del gallo mi riportò con i piedi per terra, alla realtà di tutti i giorni, ma ormai la mia vita la sentivo cambiata! Appena potevo, scappavo nei campi e cercavo di danzare, di ri­petere i passi visti in televisione... volevo rivi­vere il mio sogno! Mio padre, però, se n'era accorto e non era contento. Quando vedeva che mi allontanav­o dalla cascina, mi seguiva per controllare cosa faces­si. Allora mi rincorreva per i campi e quando trafelato mi raggiungeva mi sgri­dava dicendomi:

“Cosa fai?! Perché perdi tempo con questi strani movimenti Devi aiutare tua mam­ma e tua sorella... con tutto quello che c'è da fare in casa!”.

Per fortuna, però, mia madre e mia sorella Lucia erano dalla mia parte, mi capivano e di­fendevano.

Povero papà! Erano proprio inutili le sue paternali!

Ormai la danza era la mia grande passione; cer­cavo sempre di ballare e tutto ciò che mi circondava mi sembrava spettacolo, un danza unica, in cui anche la natura prendeva vita. Tutto ciò che toccavo ballava, persino le piante, i fiori, gli animali. I giorni passavano ed io ero sempre più felice. Ogni mattina cercavo di esercitarmi a modo mio, di­ventando così molto più agile nel muovermi. Mi divertivo ad inventare anche semplici coreografie, coinvol­gendo mia sorella e le amiche, tutto naturalmente di na­scosto da papà.

 

 

Arrivò l'estate e con essa la festa del paese: era una grande attrazione turisti­ca. Per l'occasione il paese si trasformava e si riempi­va di giocolieri, clown e musica. Noi bambine ogni anno indossavamo costumi antichi traman­dati di ma­dre in figlia e sfilavamo per le strade, inscenando piccole esibizioni. Riuscii a convincere le mie amiche e mia sorella Lucia a preparare assieme un ballo per la festa. Non immaginavo neppure lontanamente che quell'anno alla festa avrebbe partecipato an­che una famosa ballerina della "Royal Dance Accademy di Londra, importantissima scuo­la di dan­za, il cui incontro avrebbe cambiato radicalmente la mia esistenza.

La ballerina famosa restò molto colpita, non tanto dalla semplicità del ballet­to, quanto dalla nostra caparbietà e voglia di riuscire a farlo bene e venne a complimentarsi con tut­te, ma soprattutto con me, avendo saputo che ne ero sta­ta io l'ideatrice. Mi disse che lei era una ballerina professionista e allora la sup­plicai di danzare per noi. Entusiasta per l'am­biente paesano e per l'atmosfera fa­miliare creatasi, accettò con piacere e si esi­bì in uno spettacolo fuori program­ma. Fu una esibizione fantastica! Quasi piangendo, corsi ad ab­bracciarla. Col­pita dalla mia passione, mi chiese se volevo studiare danza. Ero titubante, ave­vo paura: io, una semplice ragazza di campagna, diventare una balleri­na?... no, non ce l'avrei potuta mai fare, anche se lo desideravo ardentemente!

Lei capì i miei timori e m'incoraggiò, dicendomi che pure le ballerine che l'accompagna­vano alla festa avevano provato le mie stesse incertezze, ma la passio­ne e la vo­glia di riuscire le avevano aiutate nel superarle e, così dicendo, le invitò a esi­birsi con lei.

Dopo quell'esibizione mi sentii più tranquilla ed accettai. Ma c'era un grosso problema: bisognava convincere papà! La ballerina andò da lui e gli chiese il permesso di portarmi in città, per farmi studiare danza nella sua scuola.

Apriti cielo… scoppiò una tragedia!

Mio padre assolutamente non voleva lasciarmi partire. Lei cerca­va di con­vincerlo e lui diceva di no. Ripeteva che quel lavoro non era per me, che dovevo aiutarlo in campa­gna, che non aveva i soldi necessari per farmi studiare. La ballerina lo supplicava; poi cercarono di convincerlo anche le mie amiche, i parenti, le vicine, mia ma­dre. Ricordo ancora la divertente sce­na come una comica di Stanlio e Ollio: lui correva avanti e noi tutte dietro ad inseguirlo per farlo ragionare. Alla fine mi buttai in ginocchio, av­vinghiandomi alle sue gambe. Così bloccato e frastornato da tutti, tra urla e pianti, mio pa­dre fu costretto a capitolare e a dare il suo benestare.

La mia vita cambiò di colpo.

Prima che mio padre potesse ripen­sarci, la ballerina de­cise di portarmi su­bito via con sé. Ricordo ancora il mo­mento della partenza, i saluti delle amiche e dei parenti, dei miei genitori, il tre­no che mi portava verso la città, verso la grande avventura, verso il mio fu­turo.

L'addio al paese, alla campagna, ai luoghi della mia infanzia mi procurarono tanta emo­zione. Tutti mi accompagnarono alla stazione. Solo mio padre non ebbe il coraggio di se­guirmi, lo conoscevo bene! Nonostante il suo apparire rude e bruto, in fondo era un gran sentimentale e romanticone. Di sicuro era rima­sto appoggiato a qualche tronco d'albero in campagna a versare lacrime che non avrebbe voluto mostrare in pubblico per vergogna, perché secondo la sua men­talità manifestare le proprie emozioni era solamente un segno di debolezza! Ma lo giustificai, ero talmente emozio­nata da non pensarci più di tanto, per­ché co­munque una parte del mio sogno stava per avverarsi!

 

 

Eccomi qua, nella grande e famosa scuola di danza!

Finalmente ero arrivata in un luo­go dove poter imparare a danzare seriamen­te, per diventare una balle­rina vera! All'inizio tutto era nuovo ed emozionante per me! Ogni cosa mi inti­moriva: la città, la scuola, le com­pagne, ma più forte di tutto era il desi­derio di osservare, di imparare.

Che brave le allieve della scuola!

Come farò a diventare anch'io come loro!?" - mi chiedevo, mentre le guar­davo. Dovevo cominciare da zero.

All'inizio seguivo i corsi delle più piccole, per assimilare le basi della danza, indispensabili per poter andare avanti. Mi ero il­lusa che tutto fosse sempli­ce e facile, ma ogni giorno mi rendevo conto che per raggiungere il successo, per diventa­re la migliore, avrei dovuto strin­gere i denti e studiare ore ed ore. Ma con l'impegno che ci misi, i risultati non tardarono ad arrivare.

Alla fine fu una gran­de soddisfazione!

Una volta diventata più esperta, rivedere le bambine piccole affrontare il loro primo saggio mi faceva rivivere le mie stesse ansie e paure, ma erano così tenere e carine e tanto emozionanti da vedere!

Finalmente, ce l'avevo fatta! Dopo i primi tentativi, non certo promettenti, avevo con­quistato la fiducia delle mie compagne ed iniziato a credere maggior­mente in me stessa. A scuola non studiavamo solo danza classica; le allieve già impostate nel classico, potevano studiare anche danza moder­na e contempora­nea ed altri stili di danza. Così imparavamo a conoscere e ad amare tutti i gene­ri di ballo e della musica ed anche le diverse forme di espressione teatrale. Una brava ballerina non deve solo saper contare da uno a otto per portare il tempo e il ritmo, ma con l'espressione corporea deve anche sa­per bene interpretare il perso­naggio nel quale si cala e farlo vivere, trasmettendo­ne tutte le emozioni al pubblico in sala.

Ormai la scuola di danza era la mia casa e la mia famiglia.

Stavo bene con le compa­gne, le rispet­tavo e le incoraggiavo, così come loro facevano con me. L'insegnante ci ricordava sempre che nella scuola bisognava aiutarsi a vicen­da:

"Solo con l'amicizia, la stima e la collaborazione" ci ripeteva continua­mente "potete cre­scere assieme ed arrivare al successo, non solo come balleri­ne, ma anche come es­seri umani”.

Altro che scuola di vita, la danza... ed anche il teatro!

Avevo ritrovato la fi­ducia che mi mancava, l'amore per quest'arte, che mi portavo den­tro da piccola, aveva preso il sopravvento... il sogno stava per diventare realtà!

Così lo studio per la danza, oltre a restare la grande passione, era diventata un'occasio­ne di gioia e divertimento, un modo di stare insieme a vere amiche. E questa grande gioia ed emozione, questi momenti di felicità ed altruismo, siccome mi piaceva anche scrivere soprattutto poesie, un giorno le tra­mutai in versi, dando loro il titoloQUANDO DANZO...” e li dedicai a tutte le mie compagne:

Quando danzo

mi sento bianca colomba

che volando per il mondo

porta a tutti un po' di pace.

 

Quando danzo

mi sento variopinta farfalla

che leggera vola in cerca di libertà

e, mentre nell'aria si libra,

i mille colori delle sue ali

- i sentimenti dell'anima mia -

dolcemente si staccano

e come soffici piume volano

in cerca di te, mondo triste,

in cerca di te, mondo affamato,

in cerca di te, mondo crudele,

e ti portano nella mia scuola di danza

- palestra della vita mia -

e ti fanno ballare con me, con noi,

in un prato verde speranza

dove tutte siamo leggere farfalle,

dove tutte ci sentiamo graziose libellule,

dove tutte ci crediamo candidi cigni,

non in cerca di morte, ma per cantar la vita,

una vita che si possa vivere tutti insieme,

che si possa godere mano nella mano,

in un mondo fatto solamente

di musica e poesia, di felicità e fantasia,

dove si possano dire con il cuore

sempre dolci parole d'Amore.

 

I “grazie” e i complimenti delle mie amiche si sprecarono!

Il momento più bello dei miei anni presso la scuola fu lo spettacolo eseguito alla fine del corso di studi.

Quell'anno l'insegnante aveva deciso di rappresenta­re "Il Lago dei Cigni" di Tchai­kowsky, un balletto affascinan­te ed impegnativo, nel quale erano coinvolte le allieve di tutti i corsi, la cui preparazione fu duris­sima; tante prove, tante difficoltà da su­perare, ma alla fine giunse il momento della grande serata. In sala, a vedere il saggio, c'erano anche i miei genitori, mia sorella ed alcune mie ami­che d'infanzia, venuti dal paese a bordo di un vec­chio autobus noleggiato per l'occa­sione. Prima dell'inizio dell'esibizione ricor­do, come se fosse oggi, tremavo come una fo­glia e il mio cuore batteva a mille per l'emozione, ma soprattutto mi sentivo bloccata dalla paura di non far­cela, di non ricordare più nulla dei passi da eseguire.

Ma una volta sul palco, tutto svanì... non era più Elisa che ballava, ma l'a­nima del “ci­gno” Odette e del principe Siegfried che insieme davano corpo alla struggente storia d'a­more. Ormai ero in un'altra dimensione, in un mondo magi­co ed ovattato, una piuma che volava nell'aria, una farfalla variopinta e leggera saltellante sulle pun­te rigide delle scarpette. Con le orecchie sentivo e seguivo le note musicali, ma la vera musica che mi fa­ceva volare era quella che si spri­gionava dal mio cuore, dalla mia anima e mi portava in alto, sempre più in alto, a librarmi verso il cielo.

Ero drogata e sotto l'effetto di allucinoge­ni?... sì, certo, ma la mia droga si chiamava “danza!”.

Alla fine ci fu un'ovazione per tutte e soprattutto per me che avevo interpre­tato il ruolo principale. L'abbraccio di mio padre, alla fine dello spettacolo, fu il momento libera­torio ed il premio più grande ed importante che avessi potuto ri­cevere, per tutti i sacrifici fatti sino ad allora da lui e da mia madre. Aveva le lacrime agli occhi e non smetteva di ri­petermi:

“Scusami, scusami amore se non avevo creduto in te, perdonami per la mia testa dura a non volerti lasciare andare per la tua strada, per aver cercato di tar­parti le ali verso la tua meritata felicità!”.

“Tranquillo, papà, non devi chiedermi scusa e non devo perdonarti nulla! Tu hai cercato solo di proteg­germi, per evitarmi magari delusioni cocenti! Però adesso è tutto a posto, non piangere, fammi solo un gran sorriso e abbracciami, abbracciami forte!”... e così fece ed aggiunse:

“Ascoltami, amore,. tra un tempo e l'altro ero talmente emozionato che ho scaraboc­chiato su questo foglio di carte delle semplici parole che con grande emozione mi son venute dal cuore e voglio dedicartele e mi farebbe enorme piacere se tu potessi conser­varle per tutta la vita. Tieni, ma promettimi di leg­gerle solo dopo, quando tua madre ed io saremo partiti”.

“Va bene, papà!”.

Ma non resistetti alla tentazione, avevo una grande voglia di leggerle subito e così ri­tornai nel mio camerino, dove le lacrime aiutarono a sciogliermi il truc­co... le “semplici”pa­role di papà erano queste:

 

Nel teatro della vita

t'ho vista danzare,

libera volteggiavi

come leggiadra farfalla,

leggera piroettavi

come diafana libellula,

fresca saltellavi

come zampilli d'acqua

d'una fontana da mille luci illuminata…

eri felice, eri contenta,

perché con la Danza ti abbracciavi,

perché con la Danza tu ballavi.

 

Una musica vibrante

ti faceva volare

e come fuochi d'artificio

salivi verso il cielo

e tra le stelle

la tua voglia di Danza

fragorosa scoppiava,

la tua felicità si trasformava

in ricami d'altri tempi,

in figure arabescate,

incantevoli da guardare,

in fantasmagoriche cascate

di stille cristalline.

 

Da uno scoppio ne nasceva un altro

e poi un altro ancora

ma, al contrario dei fuochi,

non ricadevi sulla terra

e restavi lassù a danzare

come candido cigno nell'universo,

a ballare luminosa con le stelle,

a danzare radiosa

con la luna ed il sole,

perché la Danza ce l'hai nel cuore,

perché la Danza per te è l'Amore,

perché la Danza per te è la Vita,

un magica speranza,

per te poesia infinita.

 

Questi versi li ho poi incorniciati e li tengo di là, nella “Sala dei Ricor­di”, ed ogni vol­ta li rileggo ancora – ormai li conosco a memoria – perché mi hanno sempre accompagna­ta per tutta la vita.

 

 

Dopo il saggio di fine anno la scuola organizzò una piccola tournée ed an­ch'io fui chia­mata a farne parte.

Con quello spettacolo debuttai ufficialmente, da professionista, nei grandi teatri nazionali. Ricordo ancora quella serata! Mettemmo in scena il balletto di "Romeo e Giulietta" che ebbe un successo cla­moroso! Quello fu il mio trampolino di lancio.

Da quella sera iniziò la mia carriera di balleri­na che mi ha portato in giro per il mondo, prima con tanti fa­mosi Corpi di Ballo e poi fi­nalmente anche come solista, passando - modesta­mente - da un successo all'altro.

Ho avuto il piacere e l'onore di ballare con i “grandi” della danza, da Be­jart, a Roland Petit, da Rudol'f Nuriev alla mitica Carla Fracci.

Ho visitato i luoghi più belli della terra; oltre alla Scala di Milano e ai mag­giori teatri italia­ni, sono stata a Buenos Aires, Sidney, Melbourne, al Metropo­litan di New York, Los Ange­les, Londra, Berlino, Parigi, Città del Messico e tante altre città mi hanno vista pro­tagonista sulle scene. Con grande soddisfa­zione devo dire che sono stata particolarmen­te applaudi­ta dal pubblico giappo­nese che per l'Arte italiana aveva, ed ha ancora, una venerabile predi­lezione. Ovunque hanno apprezzato il ballo e la bravura che riuscivamo a dimostrare.

Ho perso il conto dei tantissimi alberghi nei quali ho soggiornato, dei tanti disa­gi e contrat­tempi vissuti, ma quando una passione la si vive con gran­de gioia e piacere, qualsiasi difficoltà diventa inezia, una piuma leggera. Quanti sacrifici ho dovuto affrontare, quanto amore ho dedicato alla danza, ma alla fine danzare, il mio grande sogno da bambina, si è realizzato!

 

 

Purtroppo, però, nella vita capita spesso di non poter avere tutto.

Il grande amore per la danza mi ha sottratto il grande amore del cuore. Le “cotte” e gli innamora­menti, come tutte le ragazze, li ho provati anch'io, ma a differenza di altre don­ne, non mi sono mai soffermata a valutarne uno. Ero troppo al centro del mondo, di­vorata dall'egocentrismo, e ciò mi ha fatto ignora­re e sottovalutare - ahi­mè – le varie proposte di matrimonio ricevute.

Erano tan­te e non tutte sincere, ovviamente; molte erano interessate, ed anche per questo mi sono un po' chiusa verso gli altri. Sentimentalmente non mi sono mai fatta guidare dal cuore, non mi sono mai lasciata andare.

Ho fatto male? Ho fatto bene? A 75 anni non lo so ancora!

In ogni caso, però, la solitudine non mi è mai pesata più di tanto, perché di amici e amiche che mi volessero bene ne ho avuti e ne ho ancora tanti. Con loro mi sento telefonicamente e spesso vengono a trovarmi ed insieme rinvan­ghiamo il passato, non per versare lacrime, ma semplicemente per gioire dei no­stri momenti migliori.

Però, tra un successo e l'altro, ho vissuto anche momenti drammatici, come ad esempio la perdita dei miei genitori, soprattutto quella di mio padre, al quale, da qualsiasi luogo della terra mi trovassi per lavoro, inviavo immanca­bilmente una cartolina con baci e abbracci. Quando sono arrivata al suo capezza­le, mi ha preso una stretta al cuore ed ho pianto sino alle estreme forze: nel cassetto del suo comodino, in ordine cronologico, erano conservate come reli­quie tutte le cartoline che gli avevo inviato!

Grazie, papà, per quello che mi hai dato e saputo insegnare, per tutti i valori onesti e belli che mi hai fatto comprendere!

E non parliamo poi del dolore provato per la morte di mia sorella Lucia, la madre di An­gela, che per un male improvviso ed incurabile ci lasciò in età an­cora giovanile, quando Angela aveva appena sette anni ed aveva ancora tantis­simo bisogno di lei. Da quel mo­mento Angela è diventata per me la figlia mai avuta e inconsciamente sempre desiderata.

Ha voluto intraprendere anche lei la carriera di ballerina, ma con meno successo, perché ha molteplici interessi più di me e quindi il suo tempo lo divide tra varie attività e poi lei, al contrario di me, giustamente vuole crearsi anche una famiglia.

 Con quanto guadagnato durante la mia carriera artistica ho potuto permet­termi di com­perare questa villa, non a caso chiamata “Scarpetta rosa”, nella quale sono venuta a vivere dopo aver smesso di girova­gare per il mondo. L'uni­co lusso che mi son concessa!

In una sala di questo edificio ho vo­luto perpetuare il mio passato, allestendo la “Sala dei Ricordi”. In essa sono im­mortalati tut­te le istantanee e le prove tangibili dei successi che mi tengono molta compagnia.

I ricordi, siano essi og­getti concreti o solo pensie­ri, chiusi in un cassetto come sogni im­possibili o esposti come quadri di valore, non vanno mai tacitati, né diventare oggetto di rimpianti e nostalgie. I ricordi devono vi­vere semplicemente per te­stimoniare la storia, la propria vita, servono ad im­mortalare solamente momenti tristi o allegri di un passato vis­suto e basta, altri­menti potrebbero essere causa di spiacevoli depressioni, perché... 

 

i brutti ricordi li ho lasciati

come orme di piedi

sul bagnasciuga del mare

là dove onda dopo onda

con sollievo e impazienza

con gratitudine e felicità

con gioia e batticuore

per sempre cancellati saranno…

 

i ricordi belli li ho scolpiti

su rocce dure e granitiche

là dove né l'erosione del mare

né la furia del vento

né ogni forza della natura

riuscirà a scalfire mai,

lasciandoli inviolabili nel tempo

indelebili nell'eternità.

 

Ecco, questi sono i ricordi per me, qualcosa da vivere e godere in tranquilli­tà, con ani­mo sereno, quando si è consci che alla vita si è dato tutto e dalla vita si è rice­vuto tanto, forse anche più di quanto meritavamo, proprio come nel mio caso. Devo riconoscere e ringraziare Dio d'essere stata molto fortunata nel cor­so degli anni, ma anche tanto testarda, da volere ottenere ad ogni costo - giorno dopo giorno - sempre quanto desi­deravo. Nessuno ostacolo mi ha fermato, ovviamente senza mai calpestare nessuno, solo con onestà e determinazione sono andata avanti, con tanto orgoglio e fierezza, sempre a testa alta e con onore... quando si vuole, si può!

A volte guardandomi indietro e rivedendo l'intero film della mia vita, mi sembra d'aver vissuto ad occhi aperti dentro una meravigliosa favola d'altri tempi, oppure d'aver goduto di un celestiale regalo calatomi dal cielo dentro un cesto colmo di felicità.

Forse l'aver sempre creduto che una “favola vera” può diventare realtà quando il so­gno che racconta si può vivere davvero, per me è stato motivo di stimolo nell'andare sempre avanti, senza arrendermi davanti alle immancabili umane difficoltà...

...e la danza è stata la “favola vera” della mia vita, perché danzare è stato il solo sogno rincorso e raggiunto!

 

            

 

Attimo di pausa interminabile al termine del quale Angela, con un groppo alla gola per il coinvolgimento emotivo vissuto, mi dice:

“Grazie, zia Elisa, per questa meravigliosa storia d'amore che mi hai voluto narrare. Spero solo di ri­portarla nel migliore dei modi, cercando di trasmettere ai lettori tutte le emo­zioni da te vis­sute e narrate. Mi auguro che per loro questi tuoi intensi momenti possano essere una scuola di vita ed un esempio da segui­re, soprattutto per quelle giovanissime e nu­merose ragazze che nell'attuale so­cietà, stordite ed illuse da facili messaggi mediatici, credono di arrivare al suc­cesso senza fare sacrifici”.

“No, Angela, grazie a te, invece, per aver avuto la pazienza d'ascoltarmi! Senza vantarm­i più di tanto, mi auguro davvero di poter essere un esempio da seguire per la nuo­va generazione. La vita è meravigliosa proprio perché ti per­mette di scegliere la via da se­guire, tanto nel bene quanto nel male, rendendo ognuno attore e artefice della propria esi­stenza. Certo, a volte bisogna fare an­che i conti con il proprio destino, sempre in agguato dietro l'angolo e che talvol­ta per noi sembra già segnato, ma almeno combatterlo o cercare di ribellarsi alle sue testardaggini, è un modo per vivere più intensamente e con maggior con­vinzione le proprie idee, per realizzare i propri deside­ri... altrimenti che senso avrebbe la parola “vivere”, se fossimo già tutti rassegnati?”.

 

Così dicendo il mio sguardo, sognante e sorridente, ritorna a posarsi sulla ballerina del carillon, dal viso lucido e marmoreo, la quale - senza mai sbaglia­re un passo - da anni con­tinua a pi­roettare su se stessa con cadenza lenta e co­stante, senza ricevere applausi da nessuno, ma felice ed estasiata di perpetuare nel tempo il grande sogno della sua vita - della mia vita - quello di danzare.

 

 

 

 
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