Una stella lontano lontano
di Domenica Luise
Alla chiusura del forno le davano i
pezzi avanzati invece di buttarli nella spazzatura, la vecchia sorrideva senza
denti e ringraziava. Il garzone del bar, tutte le mattine, le preparava il
cappuccino caldo d'inverno e la granita di limone in estate per una strana
seduzione arguta che emanava da quella cenciosa, per quanto pulita, ma lei non
accettò mai la brioche fresca che egli le offriva, ci si inzuppava il pane o la
pizza della sera prima e socchiudeva gli occhi beata mormorando: buonissimo!
Delizioso. Grazie, Gesù.
Non sapeva che quel ragazzo pagava
di tasca propria la consumazione perché il proprietario si girasse dall'altra
parte e facesse finta di non vederla.
Adesso era inverno, quasi Natale, e
le era venuta un po' di tosse. Ma io sono forte, pensò, mi bevo il caffelatte
buono del bar col pane e mi sento subito meglio.
Invece il dolore nel petto
aumentava.
Poi vado alla mia panchina, ho
sonno.
Era diventata piccina
lei, che era stata la cicciona della famiglia, le spalle accartocciate, le dita
dei piedi e delle mani storte e il fuoco nelle articolazioni. Ricordava
l'elegante bastone del nonno, col pomello d'avorio, e papà e mamma, ancora
insieme, quando cavalcavano ed erano belli, sani, ricchi e felici. Poi la mamma
fuggì chissà dove e chissà con chi e perché e forse era colpa sua: era lampante
che nessuno le voleva più bene, non il nonno, che non le rivolgeva mai la
parola né le sorrideva, non il papà, che non tornava mai e nemmeno telefonava,
non le sue compagne di studi, che non poteva più invitare in quella casa dove
si divertivano perché era grande come un castello e si mangiava sempre e se ti
portavi via un soprammobile d'argento nessuno ci faceva caso.
Ormai non sono più grassa pensò
infilandosi sotto la panchina, fra stracci e giornali vecchi. Incominciò a
nevicare.
Lei era dietro i vetri a guardare i
fiocchi che volteggiavano, il caminetto era acceso, il nonno zitto ed era il
giorno di Natale. Da quando la nuora era fuggita non aveva più fatto il
presepio. Fuori qualcuno cantava i cori di sempre, che arrivavano a onde
ovattate.
Una volta era la prima della classe
e scriveva poesie, tutti la lodavano. Natale era un trionfo. Venivano papà e
mamma a prenderla fino al collegio di lusso, in Svizzera, dove studiava.
Adesso stava sotto una panchina e aveva
tutta quella stanchezza.
Qualcuno passò e buttò rapidamente
una borsa di plastica bella grande proprio lì accanto, sentì che diceva:
-Finalmente me ne sono liberato-, guardò con la coda dell'occhio, era una buona
borsa resistente, che le sarebbe tornata utile e poi si sa, anche da vecchia la
curiosità è femmina, chissà cosa c'era dentro?
Uscì dal suo posto invisibile e vide
che avevano buttato un presepio completo nuovissimo e bello.
Accarezzò la Madonna, san Giuseppe e
il bambino, gli angeli, i pastori con le pecore, la lavandaia, lo zampognaro e
per ultima la stella, che perdeva i lustrini bianchi come quella di quando era
piccola e le piaceva sempre toccarla coi ditini curiosi. Poi incominciò a fare
il presepio sulla panchina e vide che aveva le mani blu, ma non le importava,
suonò forte la campana della chiesa, sentì una delizia strana in corpo e anima.
Aprì gli occhi e vide che si trovava
in un letto vero, pulitissimo e caldo, al braccio le avevano attaccato una
flebo e portava un pigiama a fiori. Qualcuno mi ha trovata, pensò. Devo
ringraziarli, mi hanno salvato la vita. Forse sono svenuta.
Sentì che dicevano: appena in tempo.
Girò la testa, ma non le uscì la
voce per chiamare.
Entrò una ragazza vestita da
pagliaccio, con un gran naso rosso e la parrucca gialla: -Ma non vedete che si
è svegliata? Come si sente, signora? Ci ha fatto prendere una bella paura, per
sollevarla ho dovuto chiamare le forze dell'ordine, sono la sua salvatrice,
l'ho vista io lì per terra, ah, ah, ah, sono vestita così perché faccio la
volontaria qui per divertire i bambini malati.
-Dall'odore di
disinfettante mi accorgo che sono in ospedale e non in paradiso- rispose lei
annusando intorno, tutti risero.
-Stava facendo il presepio sulla
panchina sotto la neve con statuine rarissime del settecento perfettamente
conservate, dove le ha prese?- le chiese uno che sembrava un carabiniere, così
la vecchina gli raccontò che le avevano appena buttate, le era piaciuta la
borsa e si era messa a fare il presepio come quand'era piccola e il nonno aveva
il bastone col pomello d'avorio e mamma e papà cavalcavano felici e a Natale
c'era un presepio grande, con la stella piena di lustrini che lei toccava
sempre.
I medici, il carabiniere, le
infermiere e la ragazza vestita da pagliaccio si guardarono perplessi:
poverina, vaneggiava.
Il carabiniere disse: -Lo sa che
quelle statuine valgono un patrimonio? Adesso lei è ricca.
-Allora posso donare il presepio
alla nostra chiesetta perché tutti lo vedano?- chiese la vecchia signora
pensando di tornare alla panchina e ai suoi stracci per quel poco che le
restava, ma:
-E noi l'ospiteremo- le rispose il
prete subito accorso, -la cureremo e vivrà nella nostra famiglia. Qual è il suo
nome?