Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Pranzo di Natale fra vent'anni, di Domenica Luise 21/12/2015
 

Pranzo di Natale fra vent'anni

di Domenica Luise

 

 

 

Tanto si ammazzarono gli uni contro gli altri fino a che, in mezzo alle macerie,  rimasero due aspiranti tiranni mondiali: sua altezza onnipotente Ninuzzo e signora e sua grassezza onnipotente Bucciabaccia con moglie. Il medio ceto o ciò che ne era rimasto, divorato dalle tasse, lavorava dal mattino alla sera e anche la notte, mangiava poco, risparmiava per i figli e pagava i debiti facendo altri debiti a interessi sempre più alti. Anche i due tiranni mondiali avevano figlie e figli propri e varie mogli, conviventi e amanti o amiche, ognuna con altri figli di primo, secondo e perlomeno terzo letto, ogni figlio aveva altri figli e a Natale c'era un gran pranzo di famiglia dei due tiranni tutti assieme felici e contenti, come ognuno di loro affermava.

Sorridendo dalla testa ai piedi Ninuzzo proclamava che Bucciabaccia avrebbe dovuto prendere il potere assoluto e che egli sarebbe diventato il suo più fedele servitore, ancheBucciabaccia diceva lo stesso dell'avversario e intanto, nell'ombra, ognuno dei due complottava alla ricerca di un killer per fare fuori l'altro a qualunque prezzo, ma quasi tutti i killer erano morti ammazzati e i pochi rimasti si godevano la pensione in un paese di sole sia pure diroccato, anzi le pensioni erano due perché ognuno dei tiranni mondiali gliela doveva pagare se non voleva finire rapidamente come tutti gli altri.

-Possibile che tu non sia capace di fare fuori quel cretino?- dicevano le rispettive mogli dal mattino alla sera e anche la notte parlando nel sonno.

-Cara, tu sai che non mi posso esporre, il popolo non è scemo come sembra- rispondevano i mariti rigirandosi i pollici.

-Ma dov'è questo popolo?

-Bucciabaccia li ha ammazzati tutti.

-Ninuzzo li ha ammazzati tutti.

-Sono rimasti in quattro gatti e perfino malati infetti, che non stanno in piedi(in realtà era fame).

-Ma tu sai che malattia hanno?

-Nessuno può dirlo, hanno distrutto tutti gli ospedali, non ci sono più nemmeno gli apparecchi per misurare la pressione né per fare le analisi.

-Io mi sento benone- dicevano Bucciabaccia e famiglia allargata.

-Io mi sento benone- dicevano Ninuzzo e famiglia allungata.

In televisione trasmettevano ogni cosa che si possa desiderare, sport di tutti i generi con film di violenza e horror per i signori e ricette di cucina, moda, belletti e telenovele per le signore, poi c'erano pure le femmine sportive e i maschi che facevano gli chef, per non parlare dei giochini con folli guadagni che quasi nessuno riusciva a portarsi via. L'unico lusso concesso al medio ceto, poiché pagava le tasse, era l'apparecchio televisivo, che veniva finanche regalato dallo stato a chi non poteva comprarselo, o sennò come gli avrebbero raccontato tutto quello che volevano? E che festa quando nelle stamberghe entrava quello strumento di plastica grigia, i poveri si mettevano lì davanti e stavano con le labbra penzoloni anche se dopo un poco gli veniva qualche dubbio.

I due tiranni mondiali e le loro mogli erano convinti che si sarebbero sentiti felici se fossero rimasti da soli al comando e non pensavano più a cos'era successo a Roma ai tempi di Nerone.

Ormai parlavano quasi tutti una lingua mondiale inglesizzata molto più semplice, aBucciabaccia questa cosa scocciava non poco, così decise di rompere gli indugi e, cogliendo l'occasione del pranzo di Natale, pensò di liquidare il rivale con un coltello da cucina di quelli che servono per disossare il pollo affinché nessuno sentisse il rumore degli spari. In quanto a Ninuzzo rubò una rivoltella a un poliziotto che era morto in un vicolo nella solita sparatoria, ne cancellò la matricola con una grossa lima che gli serviva per i suoi lavoretti di idraulico, la caricò  e attraverso un cuscino che fungesse da silenziatore sparò al rivale proprio nell'attimo in cui gli si avventava contro colpendolo al cuore con il coltello. E caddero insieme uno sull'altro, subito accorsero i rispettivi devoti e dopo litigi vari tra parenti e acquisiti, si formò un comitato democratico per l'elezione dell'unico tiranno mondiale di cui si sentiva un disperato bisogno perché finalmente prendesse decisioni e programmasse l'ordine nuovo di cui tutti parlavano senza sapere cosa fosse. Per verità storica debbo aggiungere che ognuno dei cinquecentodue parenti aspirava a diventare il solo padrone con qualunque mezzo, tradimento, arma bianca o nera che fosse. Fu così che festeggiarono il Natale quell'anno.

Gli unici che non si presentarono per ereditare furono Giuseppe, il falegname, che si diceva in giro fosse discendente , nientemeno, della stirpe di Davide, e Maria, sua sposa, incinta grossa dopo la visione di un arcangelo e uno strano annuncio, per chi ci voleva credere. I due giovani si misero in viaggio perché il re Erode stava contando tutti i sudditi voglioso di capire quanto potesse spremerci e anche loro dovevano essere schedati, così lei partorì in una stalla abbandonata, dietro un masso, alla luce di una stella e si sentì un vagito vivo e prepotente in mezzo alle sparatorie e alle umane bugie.

Era nato anche stavolta. Da sotto le scrivanie e i tavolini sbucarono gli ostaggi scampati ai massacri e gli portarono quello che avevano: pane, acqua e un fuocherello.

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014114982 »