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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il corpo di Giulia, di massimolegnani 21/12/2015
 

Il corpo di Giulia

di massimolegnani

 

 

Mentre si manteneva immobile davanti agli occhi del fotografo, ancora si chiedeva perché mai avesse accettato la sua proposta. Forse era stata l'euforia del tanto vino, forse la noia di una serata in compagnia di amici troppo prevedibili e Giulia quella sera aveva bisogno dell'imprevedibile che scombinasse le sue certezze. Carlo fu l'elemento nuovo, la nota dissonante che lei cercava. Si era aggregato al gruppo non si sa al seguito di quale amico, magari di nessuno, la faccia sfrontata ce l'aveva. Erano in tanti attorno al tavolaccio dell'osteria di Tornavento in una confusione di vino, musica ed erba. Al quarto bicchiere di rosso, lui per vincere il frastuono le aveva quasi gridato all'orecchio vorrei ritrarti, come prime parole di contatto. Giulia aveva riso abbordi sempre  in modo così diretto le ragazze? Carlo aveva scosso la testa mantenendo un'espressione vagamente annoiata, è una proposta di lavoro, vorrei che posassi per me. Era seguito uno scambio di battute stringate, (dipingi? No, fotografo. I volti? No, i corpi. Vestiti? No, nudi.), al termine del quale la ragazza era completamente frastornata. Posare nuda davanti a un estraneo, niente era più lontano dalla propria mentalità, eppure Giulia aveva provato una specie di solletichìo alla pianta dei piedi, segno per lei inequivocabile di eccitazione. Per vincere la tentazione aveva risposto secca, già, e mi pagheresti come una puttana. Lui aveva sbuffato, lascia perdere, come non dettoTi avrei pagato secondo le tariffe, non so se sono le stesse delle puttane. La cosa sembrava finita lì, ma dopo una mezz'ora in cui si erano ignorati, era stata Giulia a chiedere Quando? E lui per nulla meravigliato aveva risposto, anche stasera, la mansarda dove lavoro non è lontana da qui.

Così ora Giulia stava immobile su un piccolo piedistallo davanti al suo sguardo indagatore, senza che Carlo avesse ancora nemmeno preso in mano la macchina fotografica. Era   vestita di tutto punto e questo la faceva sentire ancora più esposta, anche perché aveva la sensazione che gli occhi dell'uomo la vedessero e valutassero già nuda. Giulia fremeva, si era cacciata da sola in quella strana situazione in un istante di follia, ma ora, nell'attesa che qualcosa accadesse, ne sentiva il peso quasi insostenibile. Lui le girava intorno come una belva che non ha fretta di finire la sua preda. Non faceva nulla per metterla a suo agio, di lei considerava solo il corpo, come fosse un fiore o una pietra da fotografate nella luce migliore. E non sembrava nemmeno soddisfatto, la guardava e sbuffava.

Il push-up!, disse dopo molto rimuginare, togliti quell'affare che ti fa sembrare di cartone.

Giulia arrossì violentemente e non si mosse. Abbozzò una giustificazione che lui spazzò via con gesti bruschi, tette piccole, tette grandi, non significano niente. Esistono solo tette vere e tette fasulle. Poi, vedendo lo smarrimento negli occhi della ragazza, aggiunse, addolcendo di poco la voce: ho bisogno di autenticità, non so che farmene di una fighetta fintaDevo sentire la tua nudità timida e vera sotto i vestiti. Vai in bagno, togliti reggiseno e mutandine e rivestiti. Ti aspetto qui, sarai perfetta. Lei scese dal piedistallo e si allontanò, più rassegnata che convinta.

Guarda che piattume, esclamò desolata tornando nella stanza. Indossava jeans, un cardigan aperto davanti e una lunga maglietta aderente che in effetti non disegnava un gran rilievo a livello del busto. Lui rise e mitragliò di scatti il viso imbronciato. Poi si avvicinò, le scostò una ciocca di capelli e le sfiorò le labbra con un dito come a cancellare le parole appena pronunciate.

Ti metto in difficoltà volutamente. Voglio farti partire da zero, non hai idea fin dove arriverai.

La prese per mano e la portò verso un fondale scuro, sistemò le luci e si sedette per terra a guardarla. Tremava. Allora lui si rialzò a contenerla in un abbraccio, non sembrava l'uomo scorbutico di prima. Ora sei tu, senza finzioni. Questo tuo tremito mi aiuta, trovo la Giulia che prima non c'era.

La ragazza tuffò il viso nel torace del fotografo, sono un controsenso, mi getto in avanti ma una parte di me vorrebbe stare indietro, nascosta. Lui le accarezzò i capelli, ti farò da specchio. Amo i contrasti, li farò affiorare per restituirti interezza.

Giulia senza alzare lo sguardo accennò un sorriso mesto, che frana, ho paura di quello che uscirà di me. Lui le prese i bordi della maglietta e alzandola lentamente le sussurrò,sarai bellissima, prima che il volto della ragazza fosse coperto dal tessuto. A quel punto si fermò e fece due passi indietro per osservarla: le braccia alzate in un gesto congelato, il volto coperto, il seno che aveva appena cominciato ad apparire, due piccole semilune orizzontali, la nudità circoscritta alla parte inferiore del torace e all'addome, i jeans ancora allacciati, ai piedi scarponcini rossi. Pensò a certi quadri di Magritte e sorrise soddisfatto senza che lei potesse vederlo. Giulia protetta da quella cecità artificiale ascoltava il click dei continui scatti senza chiedersi quale parte di lei venisse fotografata. In realtà Carlo si era concentrato sui piedi le cui punte tendevano a convergere in una postura contratta, fece qualche scatto e poi accarezzò la pelle degli scarponcini come per ammansire i muscoli della pianta che sapeva tesi. Quando i piedi, più rilasciati, si divaricarono leggermente li fotografò di nuovo. Hai cominciato a nascere, sai? le disse alzandosi a sfiorarle i contorni incerti del volto, prima di fotografarlo nascosto dalla maglia. Non capisco, rispose la voce ovattata della ragazza. Lui la baciò leggero dove doveva esserci la bocca che rimase attonita dietro il sottile sipario.

Le riabbassò l'indumento e le permise di sgranchire le braccia indolenzite. Si sedettero su una pedana a fumare e mentre lui le mostrava sul display gli scatti realizzati fino a quel momento Giulia rise, ti credevo concentrato sulla poca pelle nuda, invece l'hai completamente trascurata. Carlo le accarezzò una guancia, quando solleveremo di nuovo la maglietta la tua pelle sarà più rispondente all'obbiettivo. Non si capiva se l'obbiettivo fosse quello della macchina o lo scopo, e quale, che si era prefisso. Cosa intendi con “rispondente” ? la mia pelle non cambia, non sono un serpente alla muta. Le sue parole però non avevano apprensione, anzi erano quasi divertite. Lui la colse di sorpresa con un bacio perentorio in bocca a mescolare fumo e saliva. Ti sbagli, sei proprio un serpentelloche rinasce a pelle nuova, le mormorò all'orecchio. Fu Giulia a voler riprendere il bacio e da quel momento il ritmo della serata accelerò improvvisamente. Frasi più concitate (fammi sentire bella, lo sei di tuo, sfiorami nei punti che stai per fotografare in modo che io senta, ti sfiorerò tutta), gesti più consapevoli nell'assumere la posa precedente da parte della ragazza, e nel curare la sistemazione della maglietta da parte del fotografo, passione più frenetica da parte di entrambi nel far emergere il corpo di Giulia. Ad ogni scatto partiva dal volto coperto una richiesta perentoria, baciami, e lui dopo ogni scatto la baciava sbavandole la lana attorno alla bocca.

 

 
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