Il corpo di Giulia
di massimolegnani
Mentre si
manteneva immobile davanti agli occhi del fotografo, ancora si chiedeva perché
mai avesse accettato la sua proposta. Forse era stata l'euforia del tanto vino,
forse la noia di una serata in compagnia di amici troppo prevedibili e Giulia
quella sera aveva bisogno dell'imprevedibile che scombinasse le sue certezze.
Carlo fu l'elemento nuovo, la nota dissonante che lei cercava. Si era aggregato
al gruppo non si sa al seguito di quale amico, magari di nessuno, la faccia
sfrontata ce l'aveva. Erano in tanti attorno al tavolaccio dell'osteria di Tornavento in una confusione di vino, musica ed erba.
Al quarto bicchiere di rosso, lui per vincere il frastuono le aveva quasi
gridato all'orecchio vorrei ritrarti, come prime parole di
contatto. Giulia aveva riso abbordi sempre in modo così
diretto le ragazze? Carlo aveva scosso la testa mantenendo
un'espressione vagamente annoiata, è una proposta di lavoro, vorrei che
posassi per me. Era seguito uno scambio di battute stringate, (dipingi?
No, fotografo. I volti? No, i corpi. Vestiti? No, nudi.), al termine
del quale la ragazza era completamente frastornata. Posare nuda davanti a un
estraneo, niente era più lontano dalla propria mentalità, eppure Giulia aveva
provato una specie di solletichìo alla
pianta dei piedi, segno per lei inequivocabile di eccitazione. Per vincere la
tentazione aveva risposto secca, già, e mi pagheresti come una puttana.
Lui aveva sbuffato, lascia perdere, come non detto. Ti avrei
pagato secondo le tariffe, non so se sono le stesse delle puttane. La
cosa sembrava finita lì, ma dopo una mezz'ora in cui si erano ignorati, era
stata Giulia a chiedere Quando? E lui per nulla meravigliato
aveva risposto, anche stasera, la mansarda dove lavoro non è lontana da
qui.
Così ora Giulia
stava immobile su un piccolo piedistallo davanti al suo sguardo indagatore,
senza che Carlo avesse ancora nemmeno preso in mano la macchina fotografica.
Era vestita di tutto punto e questo la faceva sentire ancora
più esposta, anche perché aveva la sensazione che gli occhi dell'uomo la
vedessero e valutassero già nuda. Giulia fremeva, si era cacciata da sola in
quella strana situazione in un istante di follia, ma ora, nell'attesa che
qualcosa accadesse, ne sentiva il peso quasi insostenibile. Lui le girava
intorno come una belva che non ha fretta di finire la sua preda. Non faceva
nulla per metterla a suo agio, di lei considerava solo il corpo, come fosse un
fiore o una pietra da fotografate nella luce migliore. E non sembrava nemmeno
soddisfatto, la guardava e sbuffava.
Il push-up!, disse
dopo molto rimuginare, togliti quell'affare che ti fa sembrare di
cartone.
Giulia arrossì violentemente e non
si mosse. Abbozzò una giustificazione che lui spazzò via con gesti bruschi, tette
piccole, tette grandi, non significano niente. Esistono solo tette vere e tette
fasulle. Poi, vedendo lo smarrimento negli occhi della ragazza,
aggiunse, addolcendo di poco la voce: ho bisogno di autenticità, non so
che farmene di una fighetta finta. Devo sentire la tua nudità
timida e vera sotto i vestiti. Vai in bagno, togliti reggiseno e mutandine e
rivestiti. Ti aspetto qui, sarai perfetta. Lei scese dal piedistallo e
si allontanò, più rassegnata che convinta.
Guarda che piattume, esclamò
desolata tornando nella stanza. Indossava jeans, un cardigan aperto davanti e
una lunga maglietta aderente che in effetti non disegnava un gran rilievo a
livello del busto. Lui rise e mitragliò di scatti il viso imbronciato. Poi si
avvicinò, le scostò una ciocca di capelli e le sfiorò le labbra con un dito
come a cancellare le parole appena pronunciate.
Ti metto in difficoltà volutamente.
Voglio farti partire da zero, non hai idea fin dove arriverai.
La prese per mano e la portò verso
un fondale scuro, sistemò le luci e si sedette per terra a guardarla. Tremava.
Allora lui si rialzò a contenerla in un abbraccio, non sembrava l'uomo
scorbutico di prima. Ora sei tu, senza finzioni. Questo tuo tremito mi
aiuta, trovo la Giulia che prima non c'era.
La ragazza tuffò il viso nel torace
del fotografo, sono un controsenso, mi getto in avanti ma una parte di
me vorrebbe stare indietro, nascosta. Lui le accarezzò i capelli, ti
farò da specchio. Amo i contrasti, li farò affiorare per restituirti interezza.
Giulia senza alzare lo sguardo
accennò un sorriso mesto, che frana, ho paura di quello che uscirà di
me. Lui le prese i bordi della maglietta e alzandola lentamente le
sussurrò,sarai bellissima, prima che il volto della ragazza fosse
coperto dal tessuto. A quel punto si fermò e fece due passi indietro per
osservarla: le braccia alzate in un gesto congelato, il volto coperto, il seno
che aveva appena cominciato ad apparire, due piccole semilune orizzontali, la
nudità circoscritta alla parte inferiore del torace e all'addome, i jeans
ancora allacciati, ai piedi scarponcini rossi. Pensò a certi quadri di Magritte
e sorrise soddisfatto senza che lei potesse vederlo. Giulia protetta da quella
cecità artificiale ascoltava il click dei continui scatti senza chiedersi quale
parte di lei venisse fotografata. In realtà Carlo si era concentrato sui piedi
le cui punte tendevano a convergere in una postura contratta, fece qualche
scatto e poi accarezzò la pelle degli scarponcini come per ammansire i muscoli
della pianta che sapeva tesi. Quando i piedi, più rilasciati, si divaricarono
leggermente li fotografò di nuovo. Hai cominciato a nascere, sai? le
disse alzandosi a sfiorarle i contorni incerti del volto, prima di fotografarlo
nascosto dalla maglia. Non capisco, rispose la voce ovattata della
ragazza. Lui la baciò leggero dove doveva esserci la bocca che rimase attonita
dietro il sottile sipario.
Le riabbassò l'indumento e le
permise di sgranchire le braccia indolenzite. Si sedettero su una pedana a
fumare e mentre lui le mostrava sul display gli scatti realizzati fino a quel
momento Giulia rise, ti credevo concentrato sulla poca pelle nuda, invece
l'hai completamente trascurata. Carlo le accarezzò una guancia, quando
solleveremo di nuovo la maglietta la tua pelle sarà più rispondente
all'obbiettivo. Non si capiva se l'obbiettivo fosse quello della macchina o
lo scopo, e quale, che si era prefisso. Cosa intendi con “rispondente”
? la mia pelle non cambia, non sono un serpente alla muta. Le sue parole
però non avevano apprensione, anzi erano quasi divertite. Lui la colse di
sorpresa con un bacio perentorio in bocca a mescolare fumo e saliva. Ti
sbagli, sei proprio un serpentelloche rinasce a
pelle nuova, le mormorò all'orecchio. Fu Giulia a voler riprendere il bacio
e da quel momento il ritmo della serata accelerò improvvisamente. Frasi più
concitate (fammi sentire bella, lo sei di tuo, sfiorami nei punti che stai
per fotografare in modo che io senta, ti sfiorerò tutta), gesti più
consapevoli nell'assumere la posa precedente da parte della ragazza, e nel
curare la sistemazione della maglietta da parte del fotografo, passione più
frenetica da parte di entrambi nel far emergere il corpo di Giulia. Ad ogni scatto
partiva dal volto coperto una richiesta perentoria, baciami, e lui dopo
ogni scatto la baciava sbavandole la lana attorno alla bocca.