Angelo grigio
di massimolegnani
Dicono che avesse messo incinta una
studentessa del suo corso e che in un'altra occasione fosse stato riempito di
botte da un fidanzato giustamente imbufalito. Dicono anche che un tempo avesse
una famiglia, ma che ora vivesse solo. Dicono. Di certo invece c'è che si
faceva dare numero di cellulare e indirizzo mail dai suoi allievi con la scusa
di poterli seguire meglio nella preparazione degli esami, e può darsi fosse
sincero. Ma poi non resisteva alla tentazione e finiva con l'insidiare le
ragazze con messaggi dal contenuto ambiguo, quando era sobrio, e con telefonate
esplicite quand'era ubriaco.
Una brutta persona, insomma.
Eppure in facoltà e per strada era
gentile, colto e solitario. Gli occhi perennemente velati di tristezza, lo
sguardo mansueto, il portamento un poco curvo come sotto un peso, non aveva
nulla del professore arrogante o dello scaltro profittatore della propria
posizione. Piuttosto sembrava un uomo inquieto e fragile. Ma aveva colpe
indubbie e un'enorme fame d'affetto, mal condotta.
Mescolato tra il pubblico durante
una seduta di laurea per me speciale, l'ho visto battagliare appassionatamente
con i colleghi, loro impaludati, lui con un negligente abito grigio, perché
fosse attribuita la lode a due ragazze meritevoli. . E l'ha spuntata. Pensare
che queste due ragazze poche settimane prima avevano respinto in modo brusco e
categorico le sue continue intemperanze.
Poco tempo dopo, in una sera più
nebbiosa delle altre, si è incamminato, inutilmente sobrio, nelle acque del Po,
come in una via del centro, andando avanti quasi sereno fino a esserne sommerso
e trascinato via. Forse era un angelo grigio che ha scelto l'acqua anziché la
terra o il cielo.
Il custode delle cose (in)utili
di massimolegnani
Trascurato in
fondo a un cassetto ritrovi un cucchiaio in legno, di quelli lunghi e massicci,
quasi un mestolo, non fosse per la sua concavità poco pronunciata. È tutto
consumato, levigato all'impugnatura e smusso all'estremo a furia di rimestare
nel fondo delle pentole quando anche l'ultimo frammento di cibo andava
rispettato. Forse era della tua bisnonna, rotolato di casa in casa fino a te.
Lo guardi, lo tasti, ne segui le linee e le sbeccature, immagini l'uso negli
anni a rigirare polente e spezzatini, te ne commuovi però non trovi volti e gesti
nella memoria, troppa distanza tra te e il tempo in cui questo era un oggetto
vivo. Stai per buttarlo tra i rifiuti quando abbaiando sopraggiunge il tuo cane
che reclama attenzione e gioco. Così per scherzo glielo fai annusare. Lui
subito guaisce, scodinzola, si eccita. Lo lecca con l'avidità di un buongustaio
e sembra scovare infinitesimali residui di cibo che nel tempo si sono
stratificati nel legno. Lo fiuta con la pignoleria e la pazienza dell'esperto,
ti accorgi che annusa e distingue l'odore delle diverse mani che per
generazioni l'hanno stretto, sente a naso l'umanità nascosta nelle venature,
differenzia una traccia da un'altra. Ricostruisce meglio di te una genealogia
che avevi perduta o mai cercata.
Allora è quasi
con riconoscenza che glielo affidi. Seppellirà il cucchiaio in un luogo sicuro
del giardino e andrà spesso a controllare che nessuno l'abbia rubato. D'ora in
avanti sarà lui il custode delle cose (in)utili.