Tre colori, blu
di massimolegnani
Matilde amava il viaggio che in meno di due
ore, brevi e caotiche, la portava dalla nebbia al mare. Lo effettuava ogni
volta che ne aveva la possibilità e la possibilità, spesso, se la inventava a
bell'e apposta.
La emozionava il distacco da casa, l'allontanamento
dalle consuetudini e soprattutto la separazione momentanea da Nicola, dalla sua
pedanteria per orari e riti di famiglia, da quel suo tenerla stretta, più per
appartenenza che per condivisione. Forse era ingiusta, Nicola era anche altro,
di più e di meglio, era il riferimento solido, la serietà d'intenti, il custode
dei valori e delle cose, se non proprio degli affetti. Sì, forse era ingiusta,
ma al venerdì la prendeva una smania di partenza, un desiderio di togliersi di
lì, sapendo che lui non avrebbe potuto accompagnarla. Così si allontanava dai
suoi luoghi, provando da subito un senso di benessere, nonostante il chiasso
dei bambini in auto e il tragitto ancora tutto da compiere. Lei, che aveva a
noia la guida, arrivava a gustare il viaggio e la tortuosità della strada, il
suo inerpicarsi prima e ridiscendere poi, ne cercava il ritmo segreto che
trasformasse le curve irregolari in un dolce cullare, una specie di
consolazione intima e bambina che la rapiva. Forse per questo, non appena il
percorso iniziava a salire, intonava una filastrocca, sempre la stessa, la Gigia dalla faccia bigia, con un entusiasmo che non
poteva essere dettato solo dal bisogno di tenere bravi i figli. E loro subito
le facevano eco dal sedile posteriore, scrutando nello specchietto le labbra
della mamma per rubarle le parole e il tempo.
Matilde era contenta della presenza dei bambini, amava
la loro vivacità che le impediva di riflettere troppo e la loro voglia
istintiva di condividere il suo buon umore. Però sperava sempre che in cima al
Colle Melogno, loro fossero
addormentati, perché lo scollinamentoera un rito
che le piaceva gustare in solitudine. Per lei quello era il punto di frontiera,
lo spartiacque invisibile tra i legami e la libertà, tra il regno delle
certezze e il luogo del possibile. Che poi libertà e possibile non prevedessero
nulla di illecito né di concreto, non aveva per lei alcuna importanza. Matilde
in quel momento assaporava un concetto, sentiva l'idea farsi concreta, posarsi
sulla lingua, penetrarle le narici, come l'odore del mare che già le sembrava
di percepire nell'aria appena superato il colle. L'idea di cosa, Matilde? Lei
scrollava le spalle e in un sorriso un po' impacciato, non diverso da quello
dei suoi figli di fronte a una spiegazione troppo difficile, ti rispondeva “dalla
finestra il mare”, senza essere sicura che tu avresti capito.