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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Tre colori, blu, di massimolegnani 19/02/2016
 

Tre colori, blu

di massimolegnani

 

 

 

Matilde amava il viaggio che  in meno di due ore, brevi e caotiche, la portava dalla nebbia al mare. Lo effettuava ogni volta che ne aveva la possibilità e la possibilità, spesso, se la inventava a bell'e apposta.

La emozionava il distacco da casa, l'allontanamento dalle consuetudini e soprattutto la separazione momentanea da Nicola, dalla sua pedanteria per orari e riti di famiglia, da quel suo tenerla stretta, più per appartenenza che per condivisione. Forse era ingiusta, Nicola era anche altro, di più e di meglio, era il riferimento solido, la serietà d'intenti, il custode dei valori e delle cose, se non proprio degli affetti. Sì, forse era ingiusta, ma al venerdì la prendeva una smania di partenza, un desiderio di togliersi di lì, sapendo che lui non avrebbe potuto accompagnarla. Così si allontanava dai suoi luoghi, provando da subito un senso di benessere, nonostante il chiasso dei bambini in auto e il tragitto ancora tutto da compiere. Lei, che aveva a noia la guida, arrivava a gustare il viaggio e la tortuosità della strada, il suo inerpicarsi prima e ridiscendere poi, ne cercava il ritmo segreto che trasformasse le curve irregolari in un dolce cullare, una specie di consolazione intima e bambina che la rapiva. Forse per questo, non appena il percorso iniziava a salire, intonava una filastrocca, sempre la stessa, la Gigia dalla faccia bigia, con un entusiasmo che non poteva essere dettato solo dal bisogno di tenere bravi i figli. E loro subito le facevano eco dal sedile posteriore, scrutando nello specchietto le labbra della mamma per rubarle le parole e il tempo.

Matilde era contenta della presenza dei bambini, amava la loro vivacità che le impediva di riflettere troppo e la loro voglia istintiva di condividere il suo buon umore. Però sperava sempre che in cima al Colle Melogno, loro  fossero addormentati, perché lo scollinamentoera un rito che le piaceva gustare in solitudine. Per lei quello era il punto di frontiera, lo spartiacque invisibile tra i legami e la libertà, tra il regno delle certezze e il luogo del possibile. Che poi libertà e possibile non prevedessero nulla di illecito né di concreto, non aveva per lei alcuna importanza. Matilde in quel momento assaporava un concetto, sentiva l'idea farsi concreta, posarsi sulla lingua, penetrarle le narici, come l'odore del mare che già le sembrava di percepire nell'aria appena superato il colle. L'idea di cosa, Matilde? Lei scrollava le spalle e in un sorriso un po' impacciato, non diverso da quello dei suoi figli di fronte a una spiegazione troppo difficile, ti rispondeva “dalla finestra il mare”, senza essere sicura che tu avresti capito.

 

 
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