L'
Opera dei Pupi al Consiglio Comunale
di Salvo Zappulla
Quando
l'anziano puparo fu chiamato a restituire la sua anima a Dio, nessuno in paese
la considerò una disgrazia, del resto quel brav'uomo i suoi anni sulla Terra li
aveva ben spesi; i pupi, grazie alla sua voce e alla maestria delle braccia,
avevano allietato le serate di tanta povera gente. Un tempo era stata gremita
la sala del modesto teatro, ma ora l'Opera dei Pupi aveva perso
gran parte del suo fascino. Orlando e Rinaldo, posti “a singolar tenzone”
erano stai soppiantati da più moderne forme di spettacolo, il cinema prima e
poi la televisione, che spadroneggiavano. I due paladini si
accontentavano: qualche apparizione sporadica, magari in occasione di
ricorrenze importanti, era sufficiente a tener vivo l'orgoglio e la dignità
professionale. “Ma ora? Cosa accadrà ora?” era l'angosciosa domanda che
l'intero gruppo dei pupi si poneva.
Con la morte
del loro padrone si spegneva anche la speranza di quei pochi momenti di
ribalta. Nessuno succedeva al puparo, i suoi figli erano emigrati verso lidi
lontani e, nella zona, altri che esercitassero la
professione non ne esistevano.
“Che ne sarà di
noi?” si chiedevano impotenti i derelitti pupi. “Quale destino ci aspetta?
Vogliono forse abbandonarci in qualche umido scantinato?”.
L'Orlando
furioso, già collerico per indole, fremeva dalla rabbia: “Giammai mi
piegherò ad una vita da pensionato! Ho un'immagine, io, un passato glorioso da
difendere!” Provò a tirare due colpi di Durlindana, ma i suoi arti rigidi e
pesanti rimasero inerti.
Senza la
mano sapiente del suo maestro, altro non era che ferrame.
I
pupi dovevano dunque considerare chiuso il loro ciclo? Davvero per
loro non c'era più spazio nell'Olimpo degli artisti?
Fortunatamente
qualcuno ebbe a cuore il loro destino: l'Amministrazione comunale,
particolarmente sensibile al problema dell'arte, rilevò i pupi, patrimonio
storico di tutto il paese. Spolverati e lucidati a dovere, per qualche tempo
vissero una seconda giovinezza. Esposti al pubblico, nella sala consiliare, in
occasione della festa del santo patrono, suscitarono la curiosità e
l'ammirazione dei visitatori. Insomma, da attori protagonisti a semplici pezzi
da baraccone, non era il massimo della loro aspirazione, in quel
periodo di crisi dovevano però accontentarsi. L'importante era mantenere ancora
un ruolo attivo in società.
Passò qualche
tempo e, purtroppo, i nostri eroi tornarono nel dimenticatoio. Si susseguirono
le stagioni, si susseguirono anche le amministrazioni comunali ma Orlando,
Rinaldo e il resto della compagnia non rividero più la luce. Giacevano
ammucchiati nel sottoscala della sala consiliare, ruderi destinati alla
spazzatura.
Ma… una notte di Gennaio si
verificò un fattaccio. Era una notte senza stelle, la pioggia batteva forte
come a voler penetrare dentro le viscere dell'inferno e soffiava un vento
gelido di tramontana così violento da scuotere le campane delle chiese, che
cominciarono a suonare svegliando l'intero paese.
La gente,
colta di soprassalto, si chiedeva smarrita cosa stesse accadendo. E, mentre i
più intrepidi scendevano nelle strade sfidando la furia del tempo, qualcosa di
stupefacente avveniva all'interno della sala consiliare. Forse per magia o
perché investiti dalla scarica di un fulmine, i pupi si erano animati e,
stimolati da energie proprie, avevano iniziato a danzare e a riprendere le
antiche sfide.
Quanti ebbero
l'ardire di salire fin dentro il municipio, attirati dal fragore dei colpi di
durlindana, assistettero a uno spettacolo straordinario. Ancor oggi, con gli
occhi brillanti di commozione, parlano di un'esperienza fantastica,
irripetibile. “Orlando saltava da un banco all'altro come indemoniato! Dovevate
vederli: che scintillio, che sfavillar di lame! Uno spettacolo grandioso!”.
La notte
dell'Opera dei Pupi nell'aula consiliare, nessuno la dimenticherà. Per questo,
quando in quell'interno si svolge il dibattito politico e la discussione
diventa particolarmente accesa, tanto da far risuonare le voci alterate
fino alla piazza sottostante, se qualcuno chiede cosa stia accadendo, si sente
rispondere malignamente: “Niente, niente, è in atto l'Opera dei Pupi!”.