Chi troppo vuole nulla
stringe
di Domenica Luise
L'aveva desiderato, amato,
corteggiato a base di biscotti e chiavette usb coi migliori programmi gratuiti,
sempre proclamando di essere contraria alla parata del matrimonio in chiesa con
genitori, parenti, parenti dei parenti, amici e nemici osannanti.
Si sa, agli uomini non piace il
cappio al collo. E ad ogni sempre poco entusiasta avvicinamento di lui
(sarà timido? Sarà gay o crederà di esserlo? Forse non può avere figli) gli si
negava, ma abbassando la scollatura sotto il livello della scrivania perché, diceva,
le era caduta la gomma o l'orecchino o quello che era, e intanto lo guardava
con gli occhi finti acqua e sapone e gli sorrideva in un baluginio di denti
sbiancati con aria innocente anch'essa finta. Una segretaria perfetta vecchio
stampo e difatti, se non proprio vecchia, era quasi stantia e, se voleva con
lui quei due o tre figli si doveva spicciare. Se era uomo di lei si sarebbe
accorto, altrimenti meglio dirselo e mettersi l'anima in pace.
Le stavano pure venendo dei
capillari strani, che prima non c'erano, alle caviglie, li nascondeva a
base di fondo tinta color pelle e dormiva con un cuscino sotto le gambe, che
era scomodissimo. Non poteva perdere altro peso perché così era già smunta, che
non sempre ai maschi piace. E intanto sbottonava anche in pieno inverno le
prime asole delle camicette e lasciava che si intravedesse il bustino nero o
color carne di pizzo che alzava il seno e strizzava la vita, lì dentro lei
respirava a stento. E tanto fece, disse e cucinò che un bel mattino lo
scapolone si presentò col brillante e ci fu il matrimonio in chiesa proprio
come aveva sempre segretamente desiderato, organo, strascico, velo ricamato di
cristalli e quattro vallette, pardon, damigelle,
che passarono il tempo a sistemarle l'abito com'è d'uso.
La sua vita cambiò e incominciò ad
annoiarsi di stare sempre con lui, a casa e nel lavoro. Non ne sopportava la
concretezza priva di fantasia. Viveva per fare soldi e basta. Non aveva vizi,
non beveva, non fumava, non andava a donne: che noia.
La signora si guardò intorno e le
piacque il fornitore del ristorante di lusso che le portava ogni giorno il
pranzo e talora anche la cena a casa. Lo invitò a prendere un caffè,
che presto divenne un'abitudine, poi la pausa più bella della giornata e infine
una premessa alla camera da letto. La gente incominciò a chiacchierare e un
giorno suo marito tornò a casa un'ora prima perché non si era
sentito tanto bene, un'emicrania strana con male di orecchi e alla noce del
collo.
Li trovò perdutamente abbracciati,
dissero, in un raptus di debolezza.
-Tu mi lasci sempre sola- l'accusò
lei.
-Credevo che cucinassi tu- ritorse
lui.
Allora la donna, l'indomani, fece le
sue valige, chiamò un taxi e si fece portare al ristorante dall'amato bene col
beautycase pieno di gioielli e di soldi, ma qui conobbe sua moglie e i suoi
bambini, due, uno di tre mesi e il più grande di due anni, la femminuccia,
disse la signora, faceva la seconda elementare ed era a scuola.
Le risuonarono nel cervello le
parole di lui: -Niente più mi lega a mia moglie, non abbiamo figli e non
facciamo l'amore da almeno cinque anni.
Disse che era passata ad avvertire
di non avere più bisogno dei pasti a casa perché si sarebbero trasferiti
l'indomani, accarezzò i bambini, trovò nella borsetta delle caramelle e per un
attimo fu tentata di baciare quella povera moglie.
Chiamò un altro taxi e si fece
riportare nella sua bella casa, dove rimise a posto le proprie cose e
incominciò a cucinare per lui proprio come faceva ai bei tempi.
La chiave girò nella toppa e suo
marito entrò con passo pesante, convinto di non trovarla:
Gli chiese perdono e pianse, ma
subito piansero insieme. Intorno si diffuse l'odore della pasta col sugo.
Ci sarebbe voluto tempo, ma forse
c'era una speranza.