Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Chi troppo vuole nulla stringe, di Domenica Luise 26/03/2016
 

Chi troppo vuole nulla stringe

di Domenica Luise

 

 

 

L'aveva desiderato, amato, corteggiato a base di biscotti e chiavette usb coi migliori programmi gratuiti, sempre proclamando di essere contraria alla parata del matrimonio in chiesa con genitori, parenti, parenti dei parenti, amici e nemici osannanti.

Si sa, agli uomini non piace il cappio al collo. E ad ogni sempre poco entusiasta avvicinamento di lui (sarà timido? Sarà gay o crederà di esserlo? Forse non può avere figli) gli si negava, ma abbassando la scollatura sotto il livello della scrivania perché, diceva, le era caduta la gomma o l'orecchino o quello che era, e intanto lo guardava con gli occhi finti acqua e sapone e gli sorrideva in un baluginio di denti sbiancati con aria innocente anch'essa finta. Una segretaria perfetta vecchio stampo e difatti, se non proprio vecchia, era quasi stantia e, se voleva con lui quei due o tre figli si doveva spicciare. Se era uomo di lei si sarebbe accorto, altrimenti meglio dirselo e mettersi l'anima in pace.

Le stavano pure venendo dei capillari strani, che prima non c'erano, alle caviglie, li nascondeva  a base di fondo tinta color pelle e dormiva con un cuscino sotto le gambe, che era scomodissimo. Non poteva perdere altro peso perché così era già smunta, che non sempre ai maschi piace. E intanto sbottonava anche in pieno inverno le prime asole delle camicette e lasciava che si intravedesse il bustino nero o color carne di pizzo che alzava il seno e strizzava la vita, lì dentro lei respirava a stento. E tanto fece, disse e cucinò che un bel mattino lo scapolone si presentò col brillante e ci fu il matrimonio in chiesa proprio come aveva sempre segretamente desiderato, organo, strascico, velo ricamato di cristalli e quattro vallette, pardon, damigelle, che passarono il tempo a sistemarle l'abito com'è d'uso.

La sua vita cambiò e incominciò ad annoiarsi di stare sempre con lui, a casa e nel lavoro. Non ne sopportava la concretezza priva di fantasia. Viveva per fare soldi e basta. Non aveva vizi, non beveva, non fumava, non andava a donne: che noia.

La signora si guardò intorno e le piacque il fornitore del ristorante di lusso che le portava ogni giorno il pranzo e talora anche la cena  a casa. Lo invitò a prendere un caffè, che presto divenne un'abitudine, poi la pausa più bella della giornata e infine una premessa alla camera da letto. La gente incominciò a chiacchierare e un giorno suo  marito tornò a casa un'ora prima perché non si era sentito tanto bene, un'emicrania strana con male di orecchi e alla noce del collo.

Li trovò perdutamente abbracciati, dissero, in un raptus di debolezza.

-Tu mi lasci sempre sola- l'accusò lei.

-Credevo che cucinassi tu- ritorse lui.

Allora la donna, l'indomani, fece le sue valige, chiamò un taxi e si fece portare al ristorante dall'amato bene col beautycase pieno di gioielli e di soldi, ma qui conobbe sua moglie e i suoi bambini, due, uno di tre mesi e il più grande di due anni, la femminuccia, disse la signora, faceva la seconda elementare ed era a scuola.

Le risuonarono nel cervello le parole di lui: -Niente più mi lega a mia moglie, non abbiamo figli e non facciamo l'amore da almeno cinque anni.

Disse che era passata ad avvertire di non avere più bisogno dei pasti a casa perché si sarebbero trasferiti l'indomani, accarezzò i bambini, trovò nella borsetta delle caramelle e per un attimo fu tentata di baciare quella povera moglie.

Chiamò un altro taxi e si fece riportare nella sua bella casa, dove rimise a posto le proprie cose e incominciò a cucinare per lui proprio come faceva ai bei tempi.

La chiave girò nella toppa e suo marito entrò con passo pesante, convinto di non trovarla:

Gli chiese perdono e pianse, ma subito piansero insieme. Intorno si diffuse l'odore della pasta col sugo.

Ci sarebbe voluto tempo, ma forse c'era una speranza.

 

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014121222 »