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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Bed & Beakfast:John e Milena (via francigena), di massimolegnani 10/04/2016
 

Bed & Beakfast:John e Milena (via francigena)

di massimolegnani

 

 

 

Dalla mia terra sterminata a questi paesi stretti, dal camion con cui la solco in lungo e in largo ai miei soli piedi che già pochi chilometri sono una conquista a sera. Un salto che fino a due anni fa non avrei potuto nemmeno immaginare, che dell'Europa e dell'Italia non sapevo nulla.

Me ne parlò un giorno uno studente a cui stavo dando un passaggio fino a Brisbane, io guidavo e lui a gridarmi di tutto nelle orecchie per tenermi sveglio, li tiro su per questo gli autostoppisti.

In Europa c'è una via che porta dall'Inghilterra all'Italia, da Canterbury a Roma, più di mille chilometri.

È un'autostrada?

Ahah, no! È un sentiero da fare a piedi che ricalca il percorso dei pellegrini di secoli fa. È un viaggio nel tempo attraverso i luoghi che hanno fatto la storia. Si chiama “via francigena”.

Al momento non ci badai, ma dopo qualche tempo quelle due parole strane mi tornarono in mente e cominciai a curiosare in internet. Fu un sogno che prese forma poco alla volta,  tanti mesi a organizzare questa follia, io a piedi dall'altra parte del mondo.

E ora sono qui da giorni a calpestare questa terra sconosciuta. Non ho la cultura e nemmeno il fisico adatti a questa impresa, troppo scarsa la prima, troppo massiccio il secondo, però ho scoperto un entusiasmo che non mi sapevo e che mi sta spingendo avanti.

I nomi dei luoghi così difficili da leggere sulla cartina che porto al collo e impossibili per me da pronunciare senza storpiature quando devo chiedere. Acquapendente, Radicofani, Montalcino, Monteriggioni, mi immergono, giorno dopo giorno, in una dimensione nuova, una magia per me inoltrarmi nel passato, io di solito così ancorato a un presente spicciolo. E non sono tanto i monumenti ad impressionarmi, non so nulla d'arte, quanto le pietre, i ruderi, la terra antica, sento sotto le suole i secoli, sento gli stessi sassi, gli stessi passi ripetuti da un millennio. Una vertigine camminare in un tempo in cui l'Australia doveva ancora nascere.

La polvere che sollevo a sbuffi con i miei piedi pesanti diventa fango appena piove e io fatico e più fatico e più mi trasformo in un monaco antico, il cappuccio della felpa come un nuovo saio, sono il pellegrino spinto dalla fede, sono il viandante morso dalla fame. Pur nella mia ignoranza, sento ogni personaggio che è passato di qui nel tempo. Io divento tanti, sono il pecoraro, il brigante, il bracconiere e intanto mi dimentico di me, non mi riconosco in quel che faccio e in quel che provo, eppure sono felice. La donna che ho incontrato tre giorni fa, per esempio, in vita mia non mi sono mai comportato in  questo modo così cauto e incantato, che se mi guardo da fuori mi do dell'imbecille, ma se resto dentro il me stesso nuovo mi dico che davvero finalmente vivo. Giuro, non sono mai stato timido, ho sempre trattato le persone, le donne soprattutto, come tratto le macchine e le macchine come tratto la birra, ne bevo finchè ne ho voglia e poi fanculo. Eppure questa donna, Milena, è tre giorni che le giro intorno a vuoto. Le poche ore che passo con lei nel suo bed&breakfast mi riempiono di pace. Ha voce pacata, occhi pieni di entusiasmo, e si muove con una leggerezza gioiosa tra luci soffuse e musica seria in sottofondo. Sebbene siamo tanto diversi, io rozzo, lei donna di cultura, ha libri ovunque e quadri alle pareti, sebbene con le parole non riusciamo a intenderci, ho provato a dirle che sono un semplice camionista ma non mi ha capito, sebbene lei sia un punto fermo e io una massa in movimento, sebbene tra noi non ci sia stato nulla, l'abbraccio caldo del mattino prima di partire come unico contatto fisico, sebbene, sebbene…insomma, ho la folle sensazione di piacerle e di certo lei mi piace, un'attrazione misteriosa e impossibile. Per questo da tre giorni la saluto intenzionato a riprendere il cammino, m'impegno a muovere i passi ma è come fossi su una salita sempre più dura, un elastico invisibile mi trattiene. Allora rallento il passo fino a fermarmi, mi siedo su una pietra appoggiando la testa al bastone come spossato. Poi, rassegnato a una forza superiore, torno indietro, mi aggiro nei paraggi, costeggio un ruscello, raccolgo fiori di campo, io fiori di campo?, mi stendo su un prato a guardare il cielo, mi attardo in tanti modi che ancora non so che cosa fare. E alla fine, mentre il sole sta calando, accetto di essere un uomo ridicolo, suono alla sua porta, i fiordalisi in mano e la faccia scema di chi vuol far credere di essere capitato lì per caso.

Anche questa sera saranno silenzi, sguardi, sorrisi. È l'ultima sera a mia disposizione, domani dovrò riprendere il cammino, il biglietto di ritorno non ammette repliche. È l'ultima sera ma non forzerò gli eventi, ho perso la spavalderia della mia terra, ho assimilato la morbidezza d'animo di queste colline. E poi forse mi basterà la quiete che Milena mi regala col silenzio e gli occhi caldi.

 

 
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