Bed & Beakfast:John e Milena (via francigena)
di
massimolegnani
Dalla mia terra sterminata
a questi paesi stretti, dal camion con cui la solco in lungo e in largo ai miei
soli piedi che già pochi chilometri sono una conquista a sera. Un salto che
fino a due anni fa non avrei potuto nemmeno immaginare, che dell'Europa e
dell'Italia non sapevo nulla.
Me
ne parlò un giorno uno studente a cui stavo dando un passaggio fino a Brisbane,
io guidavo e lui a gridarmi di tutto nelle orecchie per tenermi sveglio, li
tiro su per questo gli autostoppisti.
In
Europa c'è una via che porta dall'Inghilterra all'Italia, da Canterbury a Roma,
più di mille chilometri.
È
un'autostrada?
Ahah,
no! È un sentiero da fare a piedi che ricalca il percorso dei pellegrini di
secoli fa. È un viaggio nel tempo attraverso i luoghi che hanno fatto la
storia. Si chiama “via francigena”.
Al momento non ci badai,
ma dopo qualche tempo quelle due parole strane mi tornarono in mente e
cominciai a curiosare in internet. Fu un sogno che prese forma poco alla
volta, tanti mesi a organizzare questa
follia, io a piedi dall'altra parte del mondo.
E ora sono qui da giorni a
calpestare questa terra sconosciuta. Non ho la cultura e nemmeno il fisico
adatti a questa impresa, troppo scarsa la prima, troppo massiccio il secondo,
però ho scoperto un entusiasmo che non mi sapevo e che mi sta spingendo avanti.
I nomi dei luoghi così
difficili da leggere sulla cartina che porto al collo e impossibili per me da
pronunciare senza storpiature quando devo chiedere. Acquapendente,
Radicofani, Montalcino, Monteriggioni,
mi immergono, giorno dopo giorno, in una dimensione nuova, una magia per me
inoltrarmi nel passato, io di solito così ancorato a un presente spicciolo. E
non sono tanto i monumenti ad impressionarmi, non so nulla d'arte, quanto le
pietre, i ruderi, la terra antica, sento sotto le suole i secoli, sento gli
stessi sassi, gli stessi passi ripetuti da un millennio. Una vertigine
camminare in un tempo in cui l'Australia doveva ancora nascere.
La polvere che sollevo a
sbuffi con i miei piedi pesanti diventa fango appena piove e io fatico e più
fatico e più mi trasformo in un monaco antico, il cappuccio della felpa come un
nuovo saio, sono il pellegrino spinto dalla fede, sono il viandante morso dalla
fame. Pur nella mia ignoranza, sento ogni personaggio che è passato di qui nel
tempo. Io divento tanti, sono il pecoraro, il brigante, il bracconiere e
intanto mi dimentico di me, non mi riconosco in quel che faccio e in quel che
provo, eppure sono felice. La donna che ho incontrato tre giorni fa, per
esempio, in vita mia non mi sono mai comportato in questo modo così cauto e incantato, che se mi
guardo da fuori mi do dell'imbecille, ma se resto dentro il me stesso nuovo mi
dico che davvero finalmente vivo. Giuro, non sono mai stato timido, ho sempre
trattato le persone, le donne soprattutto, come tratto le macchine e le
macchine come tratto la birra, ne bevo finchè ne ho
voglia e poi fanculo. Eppure questa donna, Milena, è
tre giorni che le giro intorno a vuoto. Le poche ore che passo con lei nel suo bed&breakfast mi riempiono di pace. Ha voce pacata,
occhi pieni di entusiasmo, e si muove con una leggerezza gioiosa tra luci
soffuse e musica seria in sottofondo. Sebbene siamo tanto diversi, io rozzo,
lei donna di cultura, ha libri ovunque e quadri alle pareti, sebbene con le
parole non riusciamo a intenderci, ho provato a dirle che sono un semplice
camionista ma non mi ha capito, sebbene lei sia un punto fermo e io una massa
in movimento, sebbene tra noi non ci sia stato nulla, l'abbraccio caldo del
mattino prima di partire come unico contatto fisico, sebbene, sebbene…insomma, ho la folle sensazione di piacerle e di
certo lei mi piace, un'attrazione misteriosa e impossibile. Per questo da tre
giorni la saluto intenzionato a riprendere il cammino, m'impegno a muovere i
passi ma è come fossi su una salita sempre più dura, un elastico invisibile mi
trattiene. Allora rallento il passo fino a fermarmi, mi siedo su una pietra appoggiando
la testa al bastone come spossato. Poi, rassegnato a una forza superiore, torno
indietro, mi aggiro nei paraggi, costeggio un ruscello, raccolgo fiori di campo, io fiori di campo?, mi stendo su un
prato a guardare il cielo, mi attardo in tanti modi che ancora non so che cosa
fare. E alla fine, mentre il sole sta calando, accetto di essere un uomo
ridicolo, suono alla sua porta, i fiordalisi in mano e la faccia scema di chi
vuol far credere di essere capitato lì per caso.
Anche questa sera saranno
silenzi, sguardi, sorrisi. È l'ultima sera a mia disposizione, domani dovrò
riprendere il cammino, il biglietto di ritorno non ammette repliche. È l'ultima
sera ma non forzerò gli eventi, ho perso la spavalderia della mia terra, ho
assimilato la morbidezza d'animo di queste colline. E poi forse mi basterà la
quiete che Milena mi regala col silenzio e gli occhi caldi.