Le pecore di Giuseppe
di Stefano Giannini
Era lunedì 23 settembre 1944, la guerra, da mesi,
manteneva il fronte su queste nostre contrade. Postazioni tedesche in trincee
con nidi di mitragliatrici e batterie di mortai erano sparse un po' ovunque
pronte ad accogliere l'arrivo del nemico.
Quel micidiale mostro di guerra dell'esercito tedesco
sferrava gli ultimi colpi di coda prima di abbandonare l'Italia, anche da
questa parte della “Linea Gotica”, grosso baluardo di resistenza all'avanzare
dal sud delle forze alleate che lentamente, ma inesorabili, occupavano sempre
più terreno. Gli scontri e le conseguenti battaglie si susseguivano intense e
cruente. Le rappresaglie, gli eccidi di persone civili inermi o d'intere
comunità, come a Tavolacci, dove furono trucidate 64 persone, fra cui diversi
bambini, erano purtroppo frequenti.
Attraverso le dolci colline della media e alta Valle
del Savio, ai due lati della strada statale n° 71,
gruppi di soldati tedeschi, come antichi predatori, scorrazzavano nei borghi,
nei villaggi, nelle case sparse razziando cose, animali e uomini. Rabbiosi e
crudeli perché intuivano l'imminente definitivasconfitt,
avevano smarrito ogni sentimento di pietà
Gli animali da cortile servivano loro per rifocillare
le truppe che da mesi non ricevevano più scorte e rinforzi, i bovini, per
trasportare carri di munizioni e vettovaglie, gli uomini, per lo più contadini
strappati dalle loro case o dai campi, erano condotti in Germania a lavorare
nelle fabbriche rimaste a corto di personale, giacché tutti i loro maschi oltre
ai 14 anni erano stati inviati sui vari fronti di guerra.
Quando queste pattuglie, o per meglio dire “ bande”,
passavano per il “rastrellamento” (così era chiamata la loro
razzia), la gente dei villaggi si allertava a vicenda del loro imminente arrivo
con segnali convenzionali e passaparola.
Quel giorno, anche nel borgo chiamato “Cassandra”,
giunse l'allarme che in breve, come un tam tam, echeggiò di casa in casa : " una
pattuglia di soldati tedeschi sta rastrellando Sorbano Alta,
poi arriveranno da noi …, stare all'erta ! "
Immediatamente, gli uomini sotto i 60 anni, dopo aver
messo poche cose nello zaino, velocemente si dileguarono verso il bosco.
Le donne e gli anziani condussero nelle macchie
vicine, mucche , vitelli, asini, nascondendoli in mezzo a folti cespugli.
L'agricoltore Giuseppe d'anni 56, già da qualche
tempo, aveva nascosto il grano in diverse damigiane e sotterrate nel campo,
così pure un baule di biancheria (il corredo da sposa della moglie Mariuccia).
Non aveva bovini e asino ma solo polli, conigli e due pecore; queste
erano un grosso provento per la sua famiglia. Davano formaggio, lana e agnelli,
perciò sarebbe stato un grosso danno economico se le avessero razziate i
soldati tedeschi.
Fu così che decise di nasconderle in un luogo sicuro.
C'era poco tempo, i soldati stavano per arrivare. Sotto il porcile (allora
senza inquilino), c'era un angusto vano scavato in parte nella roccia che non
veniva usato, la cui piccola porta d'entrata non era visibile, essendo esposta
dalla parte di un dirupo coperta da ortiche e rovi.
Ritenendo fosse questo il posto ideale, con difficoltà
vi condusse le pecore, vi portò erba e fieno a volontà, sperando vivamente che
non avessero belato.
Ai suoi tre bambini fu imposto di stare chiusi in
casa, buoni e zitti.
Poco dopo arrivarono, erano in cinque, armati di
fucili e pistole. Giuseppe, con la barba incolta di mesi per sembrare più
vecchio, e sua moglie Mariuccia li attendevano sotto il portico. A voce alta e
piglio deciso uno di questi apostrofò Giuseppe in tedesco, chiedendogli l'età e
se aveva visto dei partigiani in zona, mentre gli altri, avvicinatisi al
porcile, chiedevano dov'era il maiale e se aveva altri animali. Fortunatamente
Giuseppe conosceva abbastanza bene il tedesco (nel 1918 era stato prigioniero
in Austria e successivamente aveva lavorato in Germania). Rispose di avere 65
anni, di non aver mai visto dei partigiani da quelle parti, che il maiale era
stato venduto e non possedeva altri animali perché era una famiglia povera la
sua.
Uno di loro, furibondo, lo minacciò con la pistola e,
afferratolo per il petto, gli urlò che lo avrebbe ucciso se non diceva la
verità.
A quel punto Mariuccia, d'istinto, si gettò sulla mano
del militare che impugnava l'arma cercando di strappargliela con tutta la sua
forza, senza riuscirvi.
Il tedesco reagì con rabbia scaraventandola a terra,
poi urlando e imprecando, scaricò la pistola sulle galline che razzolavano nel
cortile uccidendone tre.
Intanto un soldato era entrato in casa a rovistare
nelle stanze e dentro i pochi mobili, un altro, gironzolando per il cortile
notò in terra delle palline scure, i tipici escrementi delle pecore; puntando
il fucile al petto del povero Giuseppe, perentoriamente voleva sapere dove
erano nascoste. In quel momento una muta preghiera sgorgò spontanea dal suo
cuore : “ Signore ! Fa che le pecore non belino ! “
Anche a quella violenza Giuseppe non reagì, mantenne
la calma e raccolto tutto il suo coraggio cercò di convincerli che non
possedeva né pecore né altro bestiame oltre ai polli e ai conigli.
Quello, per lui, fu certamente un gran brutto momento,
denso di tensione e paura, perché se le pecore, che erano vicinissime, avessero
emesso anche un solo belato, Giuseppe e forse tutta la sua famiglia sarebbero
stati fucilati sul posto senza pietà. Curioso ma probabile : la vita di una
famiglia che dipendeva da un belato.
Fortunatamente, le brave e buone pecore di Giuseppe
restarono mute per tutto il tempo, quasi consapevoli della gravità dell'evento.
Dopo aver messo a soqquadro capanni e ripostigli
attorno a casa, ed essere entrati e usciti più volte dal porcile, sotto il
quale stavano le pecore, cercandole affannosamente, rivolsero con ira altri
avvertimenti e minacce ad entrambi i coniugi atterriti, poi, raccolte le tre
galline morte ed un paio di conigli se n'andarono verso il vicino casolare a
ripetere le loro brutalità e barbarie con altre persone inermi.
Quando, scampato il pericolo, Giuseppe e sua moglie,
ancora tremanti di paura, rientrarono in casa, trovarono i loro tre figli: un
maschietto di otto anni, e le due femminucce di sei e quattro anni,
terrorizzati, rannicchiati in un cantuccio a fianco del camino, spaventati e
ammutoliti avendo essi assistito a tutta la scena.
Da dietro le persiane semichiuse della casa di fronte,
due donne, trepidanti, che non si erano perse un solo attimo del fattaccio,
subito accorsero a rincuorarli.
Le drammatiche immagini di quel giorno, al maschietto,
oggi felice nonno, gli sono rimaste stampate nella memoria e così le racconta
ai posteri.