Giù
di
massimolegnani
Quel
nomignolo le era rimasto appiccicato addosso come una piccola
cicatrice. Non era tanto un’abbreviazione del suo nome, quanto
l’assimilazione di un rimprovero, Giuliana,
giù, reiterato per anni. Sì,
era stata una ragazzina scapestrata, si arrampicava sugli alberi come
uno scoiattolo, faceva o tentava di fare il giro della morte in
altalena, scalava i massi scivolosi della caletta per poi ubbidire a
suo modo all’immancabile richiamo, giù
di lì, tuffandosi in acqua da
altezze spropositate o lasciandosi cadere sul prato da un ramo troppo
alto. Dagli otto anni fino alla terza media era stata una lotta quasi
quotidiana tra la propria esuberanza e i tentativi dei genitori di
spegnere i suoi ardori. Giuliana vinse quasi tutte le battaglie
perché dopo ogni castigo, dopo ogni graffio procuratosi si
scatenava con maggior entusiasmo. Eppure perse la guerra. Ciò
che la ferì mortalmente fu il rendersi sempre più conto
che non era apprensione la loro per i rischi che lei correva, ma
irritazione per un carattere, il suo, troppo spumeggiante, fuori
misura, assai distante dalla tradizionale flemma di famiglia. Non
c’era affetto nei rimproveri ma il fastidio che si può
provare con un cagnolino poco domestico che rovina la tappezzeria
della sala. Giuliana divenne quel cagnolino poco amato e poco alla
volta si spense, perché in realtà le sue peripezie
erano state una vana richiesta d’amore .
Per
anni visse quieta, irreggimentata, prima in famiglia, poi con
Guglielmo, un tipo rampante ma freddo e formale, è
fondamentale che tu sorrida agli ospiti,
che aveva sostituito i suoi genitori nei medesimi atteggiamenti da
istruttore di cani, Giuliana ormai dava la zampetta in modo
esemplare.
Ma
non è solo l’assassino a tornare sul luogo del delitto,
anche la vittima, se non è stata del tutto annientata. Così,
dopo vent’anni ineccepibili, eccola tornare, se non ai luoghi,
ai modi dell’infanzia e seguire di nuovo l’impulso
selvatico ad arrampicarsi su tronchi e rami incurante delle
conseguenze. Ma non erano più alberi, erano uomini. Li scalava
con ardore per sentire tra i capelli l’aria della libertà,
uomini difficili, cime quasi irraggiungibili. Loro si lasciavano
scalare salvo poi buttarla giù alla prima bizzarria del vento.
Giuliana si ammaccava l’anima ogni volta, ma non desisteva
dall’impresa di salire a fatica e rischio su un corpo nella
speranza che la trattenesse a sé, le braccia come rami
accoglienti, la pelle una corteccia calda.
E
ancora adesso che il tempo le ha appiattito la memoria, lei guardando
indietro quel piccolo bosco, ricorda quell’unico albero che le
aveva mormorato non andartene, Giù,
restituendo alle tre lettere la dignità di un nome e a lei un
amore inseguito con ferocia.
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