Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Gił, di massimolegnani 01/11/2016
 

Giù

di massimolegnani







Quel nomignolo le era rimasto appiccicato addosso come una piccola cicatrice. Non era tanto un’abbreviazione del suo nome, quanto l’assimilazione di un rimprovero, Giuliana, giù, reiterato per anni. Sì, era stata una ragazzina scapestrata, si arrampicava sugli alberi come uno scoiattolo, faceva o tentava di fare il giro della morte in altalena, scalava i massi scivolosi della caletta per poi ubbidire a suo modo all’immancabile richiamo, giù di lì, tuffandosi in acqua da altezze spropositate o lasciandosi cadere sul prato da un ramo troppo alto. Dagli otto anni fino alla terza media era stata una lotta quasi quotidiana tra la propria esuberanza e i tentativi dei genitori di spegnere i suoi ardori. Giuliana vinse quasi tutte le battaglie perché dopo ogni castigo, dopo ogni graffio procuratosi si scatenava con maggior entusiasmo. Eppure perse la guerra. Ciò che la ferì mortalmente fu il rendersi sempre più conto che non era apprensione la loro per i rischi che lei correva, ma irritazione per un carattere, il suo, troppo spumeggiante, fuori misura, assai distante dalla tradizionale flemma di famiglia. Non c’era affetto nei rimproveri ma il fastidio che si può provare con un cagnolino poco domestico che rovina la tappezzeria della sala. Giuliana divenne quel cagnolino poco amato e poco alla volta si spense, perché in realtà le sue peripezie erano state una vana richiesta d’amore .

Per anni visse quieta, irreggimentata, prima in famiglia, poi con Guglielmo, un tipo rampante ma freddo e formale, è fondamentale che tu sorrida agli ospiti, che aveva sostituito i suoi genitori nei medesimi atteggiamenti da istruttore di cani, Giuliana ormai dava la zampetta in modo esemplare.

Ma non è solo l’assassino a tornare sul luogo del delitto, anche la vittima, se non è stata del tutto annientata. Così, dopo vent’anni ineccepibili, eccola tornare, se non ai luoghi, ai modi dell’infanzia e seguire di nuovo l’impulso selvatico ad arrampicarsi su tronchi e rami incurante delle conseguenze. Ma non erano più alberi, erano uomini. Li scalava con ardore per sentire tra i capelli l’aria della libertà, uomini difficili, cime quasi irraggiungibili. Loro si lasciavano scalare salvo poi buttarla giù alla prima bizzarria del vento. Giuliana si ammaccava l’anima ogni volta, ma non desisteva dall’impresa di salire a fatica e rischio su un corpo nella speranza che la trattenesse a sé, le braccia come rami accoglienti, la pelle una corteccia calda.

E ancora adesso che il tempo le ha appiattito la memoria, lei guardando indietro quel piccolo bosco, ricorda quell’unico albero che le aveva mormorato non andartene, Giù, restituendo alle tre lettere la dignità di un nome e a lei un amore inseguito con ferocia.

 
©2006 ArteInsieme, « 014115565 »