Il
dono
di
Giovanna Giordani
La
scatola di latta della mamma era rimasta tale e quale come lei
l’aveva lasciata prima di andarsene fra gli angeli.
Agnese
l’aveva riposta sullo scaffale in soffitta pensando che un
giorno o l’altro l’avrebbe aperta, ma con calma, non era
una cosa da fare in fretta. Erano urgenti le incombenze della vita
che andava avanti.
Dopo
tanti anni e vicende, fu in uno di quei pomeriggi uggiosi di fine
novembre che Agnese si decise a salire in soffitta per riordinare.
Eccola
là, fra un sacco di cianfrusaglie, la scatola tanto
familiare, sembrava chiedere di essere aperta al più presto. E
Agnese decise che era arrivato il momento. Si strinse nel pesante
maglione e, presa la scatola, la poggiò su un vecchio tavolino
scrostato.
Un
odore di stantio le impregnò le narici appena riuscì a
sollevare il coperchio. L’umidità aveva lasciato il
segno. Cominciò lentamente a prendere in mano il “tesoro”
della mamma. Tutta una serie di rocchetti di filo colorato e da
rammendo, qualche ditale (quelli recuperati dai tubetti della
conserva), un logoro puntaspilli, un dado nero con i numeri bianchi,
l’uovo di legno, un paio di forbici, un rosario, un bigliettino
per condoglianze scritto con la inconfondibile calligrafia della
mamma “partecipo al vostro dolore”, rimasto lì
perché sostituito probabilmente a causa di quell’antiestetico
baffo d’inchiostro uscito dalla stilo, e poi ancora un santino
di San Leopoldo confessore, i biglietti degli annunci di matrimonio
dei figli, il quaderno con incollate le ricette ritagliate dalla
rubrica di zia Betta di Famiglia Cristiana, qualche moneta da 50 e
100 Lire.
Ma
ecco che, nel frugare fra quegli oggetti testimoni di vita, Agnese si
trovò fra le mani un rotolino di plastica legato da un
nastrino riciclato chissà dove. Dopo averlo liberato dal
nastrino, lentamente lo distese e si accorse che aveva le sembianze
di un tappetino ornamentale. Non tutti i fiorami di plastica erano
rimasti incorrotti e il tutto era piuttosto ingiallito. Il ricordo
esplose subitaneo. Certo, era il regalo di Natale, di un lontanissimo
Natale, che lei e il fratellino avevano comprato per la mamma.
Avevano convinto il papà a dare loro una piccola somma ed
erano corsi al negozio più vicino del paese, che poi era
quello del fruttivendolo, carichi di speranza di trovare in fretta
qualcosa poiché il tempo stringeva. Era la vigilia. Il
tappetino era lì, sul ripiano fra le cassette di frutta, bello
disteso, tutto bianco con bei ricami plastificati, e il prezzo era
adeguato alle loro possibilità.
Alla
mamma doveva piacere. Infatti lei ringraziò con la sua
consueta dolcezza e lo mise in bella mostra sulla credenza in cucina.
Un ornamento così avrebbe impreziosito la festa a beneficio di
tutta la famiglia, la piccola Agnese ne era convinta.
Poi
ci fu il presepe, l’albero con le candeline vere, le canzoni
indimenticabili.
E
l’attesa di Gesù Bambino, con i suoi doni. Doni che
spesso coincidevano con quelli che desiderava la mamma, ad esempio
quando lei diceva che sarebbe stata contenta se avesse portato una
piccola lavagna, dei gessetti o magari un libro. Caspita! Lui come
l’ascoltava! Lo stupore nel trovare proprio quei doni sotto
l’albero era indescrivibile.
Agnese
richiuse la scatola stringendosela al petto e, cercando di tenere a
bada il magone, si sorprese a sorridere mormorando fra sé: -
per fortuna i doni che desideravi tu, piacevano anche a noi, tesoro
mio -!
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