Il
mio amico Olsen
di
massimolegnani
Se
hai voglia di ascoltarmi ti racconto di Olsen, un ocone bianco che
aveva qualche piuma nera sul culo e sotto l’ala. Ma ti dico
poche parole, che mi stanco presto e poi confido che aggiungerai con
gli occhi ciò che manca alla mia voce.
Olsen
d’estate viveva in NordEuropa e al momento di migrare lo
prendeva la malinconia per i luoghi che lasciava e per l’incognita
di quel volare obbligatorio verso il caldo, che per un altro sarebbe
stata incazzatura o ribellione, ma lui era diverso, non solo nelle
piume che sporcavano il candore, lui confondeva sconforto e desiderio
in un pareggio che lo paralizzava.
Al
primo volo verso sud lo stormo candido l’aveva cacciato a colpi
d’ala, duri come schiaffi, chiamandolo figlio
di cornacchia.
Lui non si era ribellato, come poteva uno contro tutti?, e anno dopo
anno aveva imparato il volo in solitaria, tappe più brevi,
tempi più lunghi, e quell’imbroglio di dirsi più
libero da solo. Ma sempre, al momento di partire, lo prendeva una
nostalgia struggente fatta d’immaginazione e di rammarico per
ciò che sarebbe potuto accadere e non succedeva mai. Perchè
Olsen coltivava un sogno irrealizzabile nell’aria
silenziosa.
A
fine settembre indugiava nel meridione della Svezia volando basso
sopra le fattorie della Skania, ampi cerchi come fosse un’aquila,
occhi sottili come un falco e qualcuno avrebbe detto che stava
prendendo tempo, troppo incerto per spiccare il volo lungo. Ma Olsen
roteava sui cortili alla ricerca della bambina dagli occhi come il
Baltico e il viso serio del futuro. Sarebbe planato vicino a lei con
la delicatezza di una foglia che impiega tempo e grazia per arrivare
a terra. E piegando il lungo collo l’avrebbe invitata a salire,
vieni
ti porto dove non c’è il mare, ma sabbia calda del color
del grano.
Così
Olsen ogni anno era l’ultimo a partire, con quella sensazione
di non aver cercato a sufficienza. Ma poi, una volta in volo, sognava
di avere in groppa la bambina, le mani attorno al collo, le ginocchia
al caldo sotto le ali e il corpo allungato sulle piume, quelle
bianche e quelle nere, non faceva differenza, in uno scambio di
calore e di follia. La
sentiva su di sé, intrepida e felice,
portami lontano, Olsen.
E diventava lieve in volo.
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