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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il mio amico Olsen, di massimolegnani 20/01/2017
 

Il mio amico Olsen

di massimolegnani




Se hai voglia di ascoltarmi ti racconto di Olsen, un ocone bianco che aveva qualche piuma nera sul culo e sotto l’ala. Ma ti dico poche parole, che mi stanco presto e poi confido che aggiungerai con gli occhi ciò che manca alla mia voce.

Olsen d’estate viveva in NordEuropa e al momento di migrare lo prendeva la malinconia per i luoghi che lasciava e per l’incognita di quel volare obbligatorio verso il caldo, che per un altro sarebbe stata incazzatura o ribellione, ma lui era diverso, non solo nelle piume che sporcavano il candore, lui confondeva sconforto e desiderio in un pareggio che lo paralizzava.

Al primo volo verso sud lo stormo candido l’aveva cacciato a colpi d’ala, duri come schiaffi, chiamandolo figlio di cornacchia. Lui non si era ribellato, come poteva uno contro tutti?, e anno dopo anno aveva imparato il volo in solitaria, tappe più brevi, tempi più lunghi, e quell’imbroglio di dirsi più libero da solo. Ma sempre, al momento di partire, lo prendeva una nostalgia struggente fatta d’immaginazione e di rammarico per ciò che sarebbe potuto accadere e non succedeva mai. Perchè Olsen coltivava un sogno irrealizzabile nell’aria silenziosa. 
A fine settembre indugiava nel meridione della Svezia volando basso sopra le fattorie della Skania, ampi cerchi come fosse un’aquila, occhi sottili come un falco e qualcuno avrebbe detto che stava prendendo tempo, troppo incerto per spiccare il volo lungo. Ma Olsen roteava sui cortili alla ricerca della bambina dagli occhi come il Baltico e il viso serio del futuro. Sarebbe planato vicino a lei con la delicatezza di una foglia che impiega tempo e grazia per arrivare a terra. E piegando il lungo collo l’avrebbe invitata a salire, vieni ti porto dove non c’è il mare, ma sabbia calda del color del grano. 
Così Olsen ogni anno era l’ultimo a partire, con quella sensazione di non aver cercato a sufficienza. Ma poi, una volta in volo, sognava di avere in groppa la bambina, le mani attorno al collo, le ginocchia al caldo sotto le ali e il corpo allungato sulle piume, quelle bianche e quelle nere, non faceva differenza, in uno scambio di calore e di follia. La sentiva su di sé, intrepida e felice, portami lontano, Olsen. E diventava lieve in volo.

 
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