A
ruminar silenzi
di
massimolegnani
Vorrei
essere un vitello o un grosso bove troppo vecchio per farne carne,
non un toro invece, focoso e ottuso fino alla spada conficcata tra le
vertebre dopo l’illusione dei volteggi attorno al rosso.
Dei
bovini invidio la masticazione lenta come meditassero sui massimi
sistemi, io mangio in fretta e non rifletto. Tutti quegli stomaci,
omaso, abomaso, altri, per smaltire erba!, è la saggezza di
mio nonno, “masticavamo lenti poco
cibo che diventasse tanto.”
Ruminano
placidi, io mi logoro a ruminar silenzi, deglutirli rabbiosi o
stupefatti, (in)digerirli in un transito esausto, rimasticarli,
ruminarli ancora, finchè non siano morbidi alla voce.
Lumache
di
massimolegnani
Amo
la lumaca che m’attraversava strada alle luci di ogni alba come
un’attesa complice ad accompagnarmi, e mi insegnava la non
vergogna a strisciare sulla pancia e brucar lattuga dove capita, che
la lentezza la faceva arrivare ovunque. Il suo cammino appare viscido
a qualcuno, per me è una scia d’argento, tra i sassolini
di pollicino e la lingua dell’amante che traccia un indelebile
percorso sulla pelle.
Amo
la sua dimora caricata sulle spalle, quei ventun grammi fragili di
rifugio e di accoglienza, che anche noi ci portavamo in giro quando
eravamo chiocciole vaganti e tentavamo la fortuna alla roulotte.
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