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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  A ruminar silenzi e Lumache, di massimolegnani 27/01/2017
 

A ruminar silenzi

di massimolegnani



Vorrei essere un vitello o un grosso bove troppo vecchio per farne carne, non un toro invece, focoso e ottuso fino alla spada conficcata tra le vertebre dopo l’illusione dei volteggi attorno al rosso.

Dei bovini invidio la masticazione lenta come meditassero sui massimi sistemi, io mangio in fretta e non rifletto. Tutti quegli stomaci, omaso, abomaso, altri, per smaltire erba!, è la saggezza di mio nonno, “masticavamo lenti poco cibo che diventasse tanto.”

Ruminano placidi, io mi logoro a ruminar silenzi, deglutirli rabbiosi o stupefatti, (in)digerirli in un transito esausto, rimasticarli, ruminarli ancora, finchè non siano morbidi alla voce.



Lumache

di massimolegnani




Amo la lumaca che m’attraversava strada alle luci di ogni alba come un’attesa complice ad accompagnarmi, e mi insegnava la non vergogna a strisciare sulla pancia e brucar lattuga dove capita, che la lentezza la faceva arrivare ovunque. Il suo cammino appare viscido a qualcuno, per me è una scia d’argento, tra i sassolini di pollicino e la lingua dell’amante che traccia un indelebile percorso sulla pelle.

Amo la sua dimora caricata sulle spalle, quei ventun grammi fragili di rifugio e di accoglienza, che anche noi ci portavamo in giro quando eravamo chiocciole vaganti e tentavamo la fortuna alla roulotte.

 
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