Se
lo ami lo lasci
di
Marina Pasqualini
L’aereo
sfrecciava nella notte sopra il vecchio continente. Lei, la madre,
stava accompagnando il figlio a sposarsi, il suo unico figlio. E lì
sarebbe rimasto, oltre gli Urali, a vivere con lei, la sua amata
sposa. Furtivamente guardò il suo profilo, quasi a volerlo
imprimere per sempre nella sua memoria. Certo, lui sarebbe tornato,
qualche volta, a trovare la madre, magari insieme a qualche
figlioletto. Stava andando ed edificare una nuova famiglia, ed era
giusto così. E’ nella natura delle cose che i figli se
ne vadano. Sorrise tra sé, incitandosi ad essere forte, ad
essere realista. Ma il suo cuore piangeva: avrebbe voluto farlo
tornare con lei, avrebbe desiderato che lui le dicesse che no, era un
errore, non se ne fa niente. Ma sapeva di mentire a se stessa.
L’aereo atterrò, e si ritrovarono a respirare l’aria
di quel paese straniero, con i suoi odori particolari, quasi fosse
una persona. Salirono sull’autobus, diretti all’albergo.
Due singole, ovviamente. Un’ultima notte con lui accanto, oltre
la parete, ancora single, ancora il suo caro figliolo, che aveva
amato e che continuava ad amare più della sua vita. Appese con
cura l’abito da cerimonia nell’armadio anonimo, e si
sedette, quasi in trance, alla toeletta. Lo specchio le rimandò
un’immagine di sé inedita, dall’espressione
indecifrabile anche a lei stessa. Proprio perché ti amo, ti
lascerò volare, si ripeteva. Ma io non sono come gli uccelli,
o i cani, e non ho voglia di scoccarti dal mio arco. Non mi davi
fastidio, anzi. Sarei rimasta accanto a te, a servirti, per il resto
dei miei giorni. La notte fu lunga e troppo breve. Poi la cerimonia,
e la festa. Erano tutti allegri, intorno a lei, e parlavano e
cantavano in una lingua a lei incomprensibile. Sarebbe scoppiata
volentieri a piangere, ma poi si voltò, per caso, e li vide:
vide lo sguardo di suo figlio, pieno d’amore per quella bella
ragazza, per lei straniera, per lui il centro del mondo. E capì:
non c’era più il primo posto per lei, nel cuore di suo
figlio, ma lei era scesa di un gradino, mentre sua nuora era salita
sul trono del suo cuore. Non le restava allora che fare la cosa più
saggia e più giusta, anche se dolorosa: accettare. Bisognava
evolvere, pena la sparizione della specie umana. Solo così il
calice amaro poteva sembrare meno amaro. La sera lo salutò,
anzi salutò qualcosa di diverso: lui apparteneva a quella
giovane donna, ora, e lei doveva mettersi da parte. Non aveva più
l’esclusiva né del suo cuore, né della sua mente.
Vi era una nuova inquilina, in quei luoghi, e lei era stata
sfrattata. Abbracciò entrambi e recitò in silenzio una
breve invocazione a Dio, affinchè li proteggesse. Il suo
compito era finito lì, ora cedeva le armi alla giovane donna,
che avrebbe fatto le sue veci portando un valore aggiunto. Più
gradito a suo figlio.
La
sua vita continuò, uguale a se stessa ma profondamente diversa
nella sua percezione. E quando saliva la nostalgia, si imponeva di
pensare a quegli occhi innamorati, che si perdevano nell’azzurro
degli occhi di lei, e capiva quale fosse ora il suo posto. L’unica
medicina possibile era ora dedicarsi un po' a se stessa. Si sarebbe
iscritta a qualche corso, avrebbe conosciuto persone nuove che
avrebbero aiutato a tenere lontano lo spettro rappresentato da quel
vuoto. E poi continuava a ripetersi che è meglio un figlio
felice lontano da sé, che un infelice che vive nella nostra
stessa casa. E a quanta sofferenza vi è nel mondo, a quanta
gente avrebbe preferito trovarsi nella sua condizione, piuttosto che
nella propria. Era proprio un peccato lamentarsi, in fondo suo figlio
aveva fatto una scelta libera e consapevole, e lo aveva fatto per
amore. Anche lei avrebbe curato le sue ferite sanguinanti, grazie a
questo pensiero: lui era felice così. E prima o poi anche lei
avrebbe imparato ad esserlo, in nome di quel sentimento che li aveva
accomunati per tutta la vita, fino ad allora. Lui era stato il centro
del suo universo, ed ora le veniva imposto di cercare un altro
centro. Lo avrebbe trovato dentro di sé, e da lì non se
ne sarebbe più andato.
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