Un
incontro
di
Marina Pasqualini
Il
sole stava per tramontare. Era l’ora del giorno che le piaceva
di più. Guardò fuori dalla finestra e ammirò un
cielo tinto di rosso. Entro pochi minuti sarebbe giunta l’ora
di uscire dall’ufficio. S’incamminò su Via della
Conciliazione, alla volta di Piazza San Pietro. Era solita fermarsi
lì e sedersi sulle gradinate del colonnato che circondava
maestosamente la Piazza. Il centro del mondo della cristianità.
Laura era una giovane donna, aveva superato da poco la quarantina.
Non era sposata e non aveva figli, ma la cosa non la preoccupava
minimamente. Quella del matrimonio era una scelta sua, quella dei
figli no, in quanto le avevano diagnosticato che non ne avrebbe
potuti avere. Ma lei aveva una grande passione, la pittura, che
compensava qualsivoglia mancanza. E poi, il matrimonio dei suoi
genitori non era certo stato esemplare, tanto che la loro separazione
era stata per lei, ancora bambina, motivo di sollievo. Ricordava
come, a tavola, lei e il fratello avevano paventato lo scoppio di
quelle liti improvvise. Tanto meglio era stata la tranquillità
che ne era seguita, allorché ognuno dei loro genitori aveva
preso la propria strada. Sempre meglio la pace che la guerra, anche
se quella “pace” altro non era che un vuoto, una
mancanza, un allontanamento. Mai avrebbe permesso che i suoi figli
subissero quanto aveva subito lei. E poi i figli non erano comunque
arrivati. Le piaceva ammirare il mondo che le passava davanti:
persone di ogni nazionalità, preti e suore di colore. Vi era
sempre la possibilità di parlare con qualcuno, vuoi perché
ti si rivolgevano per chiedere un’informazione o semplicemente
per il gusto di scambiare qualche parola, in quel luogo magico. Quasi
a malincuore si incamminò verso casa, che distava solo qualche
minuto a piedi. Si fermò a fare un po’ di spesa e parlò
brevemente con la cassiera, che ormai la conosceva bene. Con la borsa
della spesa in una mano, aprì con l’altra il portone di
casa, prese l’ascensore e salì all’ultimo piano
del palazzo antico, ove abitava. L’accolse il suo piccolo cane,
che per tutto il giorno l’aveva aspettata e che ora si
prodigava in effusioni di gioia. La donna, a sua volta felice per
questo quotidiano incontro, gli riempì la ciotola di cibo e
cambiò l’acqua in una seconda scodella. Dopo essersi
fatta una doccia e infilato un pigiamone, si apprestò a
prepararsi la cena. Suonò il cellulare: “Ciao Laura,
sono Giorgio” annunciò un suo collega, che era stato
assunto da poco nel suo stesso ufficio. “Scusa se ti disturbo”
proseguì “ Ma vorrei invitarti a mangiare qualcosa. Ho
bisogno di parlare con qualcuno, sai che qui in città conosco
poca gente”. Egli, infatti, si era trasferito da poco, a Roma.
Proveniva da un piccolo paese umbro e nella metropoli appariva
piuttosto spaesato, non a proprio agio. Glielo aveva già
confidato, durante una pausa caffè, e lei si era dimostrata
comprensiva. La capitale aveva un grande fascino, ma poteva anche far
sentire una persona ancor più sola. Come in questo caso. Laura
tentennò. Non aveva affatto voglia di cambiarsi di nuovo ed
uscire. Aveva già programmato la sua serata: a letto presto,
con un buon libro, in compagnia del suo cane, che amava quasi come un
figlio. O, forse, avrebbe potuto dare qualche pennellata a quel
quadro, che aspettava da tempo di essere ultimato. Nello stesso
tempo, le dispiaceva per quell’anima solitaria, che aveva
scelto lei per condividere, appunto, la sua solitudine. “Giorgio,
io sono già in pigiama e sto preparando la mia cena”
rispose, sentendosi però, in fondo al cuore, un pochino
egoista. E se fosse stata lei, nei panni di Giorgio, ed avesse
bussato ad una porta, senza ricevere accoglienza? Dovremmo metterci
più spesso nei panni degli altri, era quello che aveva sempre
pensato. “Va bene” rispose lui, e la delusione nella sua
voce si fece palpabile “Scusami, hai ragione tu, avrei dovuto
chiedertelo prima, in ufficio!” aggiunse “Ma è
solo adesso che mi sento così. Mi rendo conto che è un
problema solo mio” concluse. Lei si sentì diventare
piccola, e qualcosa dentro di lei la spinse a dire “Ok,
Giorgio, facciamo così: se ti accontenti, potremmo condividere
la mia cena”. Non era solita fare entrare persone, in casa sua,
soprattutto ancora estranee, come il suo nuovo collega, ma la sua
offerta sorprese anche lei. Ormai l’aveva detto, l’invito
era stato inoltrato, ed afferrato al volo, con immensa gratitudine,
da parte di lui. E fu così che, dopo circa mezz’ora, i
due sedevano a tavola, come fossero vecchi amici o, a guardarli da
fuori, quasi una coppia. Lei aveva indossato una tuta, lui aveva
portato del buon vino e degli ottimi pasticcini. L’uomo si
sentì di darle delle spiegazioni, per quel suo comportamento
un po’ bizzarro. “grazie ancora, Laura, sei stata
gentilissima ad invitarmi qui. Io stasera proprio non ce la facevo a
restare da solo. Avevo un urgente bisogno di parlare con qualcuno. Ho
scelto te perché sei una delle poche persone con cui mi sono
trovato bene, al lavoro. Il fatto è che mi manca il mio paese
e la sua tranquillità, fra le montagne. E la mia famiglia”
aggiunse, e i suoi occhi le apparvero malinconici. Laura provò
un’istintiva simpatia per quella persona. Era nel suo carattere
voler salvare il mondo. Anche il suo cagnolino lo aveva scelto al
canile, fra i cani abbandonati. Il mattino successivo, mentre si
stava radendo, dopo aver messo un po’ di musica, Giorgio si
accorse di sentirsi già un po’ meglio. La serata
precedente era stata piacevolissima, la sua ospite squisita e dotata
di una non comune sensibilità. Sentiva quasi di potersi
riconciliare con quel nuovo mondo, che ora non gli pareva più
così ostile. Ovunque, sul pianeta, a qualsiasi latitudine, si
sarebbe potuta trovare un’anima gentile, disposta
all’accoglienza. Vide un barbone, sul sagrato di San Pietro, e
diede lui una lauta offerta in denaro, ma soprattutto gli elargì
un sorriso. Si fermò anche a scambiare due chiacchiere e il
tutto rallegrò un poco quell’uomo sfortunato e non poco
intirizzito dalla notte passata all’addiaccio. Si sentì
improvvisamente un po’ sciocco e ingrato, verso quello che la
vita gli stava offendo. Entrò in Chiesa e ringraziò.
Anche Laura aveva un aspetto migliore, quel giorno, quello che una
persona assume quando sa di aver compiuto una buona azione e ne
sente, in primis, il beneficio. L’evoluzione della loro
storia non si poteva sapere, ma ancora una volta, nell’universo,
era scoccata una scintilla di benevolenza. E questo era ciò
che importava.
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