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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il puzzle della vita, di Marina Pasqualini 18/09/2017
 

Il puzzle della vita

di Marina Pasqualini



Lo stridere dei freni sulle rotaie la fece sobbalzare. Si era addormentata ma ora era giunta a destinazione. Si affrettò a recuperare i suoi bagagli e scese dal treno. Vista l’ora tarda, vi erano pochissime persone in quella piccola stazione del paesino ove era approdata, nelle Puglie. Un vecchio capostazione le venne incontro e a lui chiese informazioni. Purtroppo però, le fu detto che non vi erano più mezzi per raggiungere il luogo dove era diretta, né tanto meno taxi. Rabbrividì al pensiero di quella notte giovane ma l’uomo le offrì di accomodarsi nella sua guardiola, ad attendere il mattino. Suo malgrado accettò, non essendovi alternative, ma sentì gratitudine e così fece. L’uomo si dimostrò un gradevole compagno. Chiacchierarono amabilmente ma fu lui a sentirsi grato per quella presenza femminile e fresca che veniva inaspettatamente a rallegrare quel lasso di tempo che altrimenti si sarebbe rivelato lungo e solitario, come di consueto.

Le raccontò gli avvenimenti più eclatanti della sua lunga vita e parlò come un fiume in piena, lui che era abitualmente taciturno e, a detta dei suoi compaesani, piuttosto scontroso. Ma di fronte a quella creatura, si ruppero gli argini della sua abituale ritrosia. E volle condividere con lei le emozioni del primo incontro con la sua amata, divenuta sua moglie e poi madre dei suoi figli. E il dolore per la sua perdita. Ora, che anche i figli se ne erano andati lontano, era rimasto solo e di lì a poco sarebbe anche andato in pensione. Ma paventava quel momento. Quel lavoro era un modo per sentirsi utile, e quindi vivo.

Le ore trascorsero. Consumarono il caffè che lui teneva in un thermos e anche lei sentì di potersi aprire con quello sconosciuto.

Giunse l’alba e con essa i primi mezzi pubblici iniziarono a circolare. Marina strinse la mano di colui che non le sembrava più ormai uno sconosciuto. Al contrario, si erano confidati apertamente anche cose mai dette prima ad altri, anche loro molto prossimi. Due anime si erano denudate, annullando tempo e spazio, diversità di genere e di età, e lo avevano fatto con estrema naturalezza, entrambe bisognose di essere viste, accolte e riconosciute.

Il dialogo era stato autentico, senza sovrastrutture, senza inganni o desiderio di apparire. Avevano condiviso la fatica del vivere, il dolore per le cadute, la gioia del proseguo del cammino, nonostante tutto.

La paletta in una mano, il fischietto nell’altra, l’uomo effettuò le manovre di accoglienza del primo treno nella minuscola stazione. Ma in lui albergava ora il giovane uomo che era stato e che pareva essersi risvegliato dal torpore dell’oblio. Fischiò con un’insolita energia dentro a quel fischietto, mentre un sorriso aleggiava sul suo viso. A vederlo, non sembrava più lo stesso anziano capostazione della sera prima, senza progetti o obiettivi da raggiungere. Quell’incontro inatteso aveva fatto fluire il sangue sulle sue gote, quasi un defibrillatore che ridona la vita ad un corpo agonizzante.

Dal canto suo, Marina stava viaggiando a bordo di un vecchio pullman, verso la sua destinazione. Aveva ereditato una piccola casa in riva al mare, grazie al testamento di una zia, di cui era appunto l’unica erede. Grata, aveva in un primo momento pensato di vendere quell’alloggio che le era sembrato poco fruibile a lei, abituata a vivere in una grande città del nord. Ma in quel momento sentì come di potersi sentire a casa, anche lì. In fondo, lei faceva la cameriera in un ristorante e quella professione avrebbe potuto essere replicata ovunque e perché no, anche in quel piccolo centro turistico, di una bellezza mozzafiato.

E poi casa, che cosa significava esattamente? Era il luogo ove tessere una tela di incontri e relazioni, e questo era possibile ovunque, sulla terra. In fondo lei aveva perso entrambi i genitori ed era figlia unica. Non aveva un fidanzato, ne aveva avuti, certo, ma nulla era durato. Non aveva ancora incontrato un compagno con cui fare progetti, quelli che contano. La sua vita era ancora un foglio bianco e questo fatto, che solo il giorno prima le era apparso disastroso, le appariva ora come una splendida opportunità.

Era stata la magia di quell’incontro? Forse. Si sa che niente accade per caso. Quel vecchio saggio le aveva sciorinato davanti una storia, quella della sua vita, e lei aveva capito. Avrebbe scritto la sua storia con una nuova consapevolezza: avrebbe accettato di percorrere il suo cammino, ne avrebbe ammirato i paesaggi e sopportato i cieli bui, avrebbe camminato di buona lena senza guardarsi indietro. Avrebbe colto gli attimi, come quello che le si era testè presentato. E l’insieme di innumerevoli attimi avrebbe costituito una vita ricca e soddisfacente. Avrebbe edificato il suo puzzle, senza scartare alcuna tessera. Ciascuna sarebbe stata indispensabile per costruire un intero.

 
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